Di Margherita De Gasperis – NuoveRadici.world
Franco Esposito, 81enne di origini campane, è tra i favoriti per la corsa alle elezioni del prossimo 9 Agosto in Kenya. Corre per il ruolo di Governatore nella contea di Kilifi, una delle più influenti in Kenya e massicciamente abitata da italiani expat – circa 3000 solo nella città costiera di Malindi. Una storia, quella di Franco Esposito, di migrazione al contrario, di nuove radici in un Paese che negli ultimi decenni ha vissuto una rapida industrializzazione, ed è considerato tra i più moderni dell’Africa orientale.
Quella che potrebbe essere vista come la candidatura anomala di un tycoon bianco e rappresentante di una nicchia di expat, è invece una storia di progressiva inclusione, di conoscenza del territorio e di forti legami con la popolazione locale. «Il 99,9% dei miei elettori è keniota, soprattutto appartenente alla tribù dei Giriama. Gli expat il più delle volte neanche votano in Kenya», spiega.
Un inizio lontano dalla politica
L’arrivo di Franco Esposito a Malindi, nel 1965, non potrebbe essere più lontano dalla carriera politica che adesso ha deciso di intraprendere. Ufficiale dell’Aeronautica militare italiana, è stato addestrato in America tra il ’58 e il ’59, anni in cui venivano effettuati i primi lanci del razzo Jupiter-C da Cape Canaveral. Anni di corsa allo spazio, che non ha risparmiato l’Italia: «Nel 1964 gli italiani hanno firmato l’accordo per l’apertura del centro spaziale con sede a Ngomeni, in Kenya, nell’ambito del progetto San Marco, ideato dal Professor Luigi Broglio. Noi che avevamo ricevuto la formazione negli USA eravamo i più preparati per partire». Esposito assume quindi il ruolo di manager, e rimane per tutta la sua carriera il braccio destro del professor Broglio, con il quale nel 1967 segue il primo lancio di satelliti italiani.
“La piattaforma di controllo venne chiamata Santa Rita, patrona delle cause perse. La piattaforma di lancio San Marco, patrono di Venezia e delle cose sul mare, città natale del professor Broglio. Era un uomo molto cattolico…”
Il progetto San Marco, ad oggi ancora attivo e con alle spalle 23 lanci di satelliti e razzi sonda, è stato anche l’avvio di una collaborazione con la popolazione locale, alle fondamenta della candidatura di Esposito. Spiega a NRW, «Il progetto prevedeva il rientro di risorse alla comunità di Ngomeni. Assumevamo i Bajuni, pescatori di origini somale, a lavorare sulle nostre piattaforme, ma al tempo stesso costruivamo infrastrutture: li abbiamo aiutati ad ottenere la prima moschea, poi un’infermeria, una scuola e una chiesa. Ho cominciato ad interessarmi ai loro bisogni, il Signore in fin dei conti è sempre lo stesso».
L’endorsement delle tribù di Kilifi
Nel 2000 il professor Broglio muore, e Franco Esposito decide di andare in pensione. Inizia qui la sua seconda vita in Kenya, rafforzando il legame con questa terra e i suoi abitanti. La chiave di svolta un caso di esproprio di una terra da parte del governo keniota. «Il Kenya è un Paese molto corrotto, e di soprusi istituzionali se ne vedono tutti i giorni. Quella volta il governo si era appropriato di una terra coltivata dai Giriama, per loro fonte di sostentamento. Mi sono offerto di pagare le spese legali e abbiamo fatto causa al governo keniota. Nel 2003 l’allora presidente Kibaki venne di persona a consegnare i titoli di proprietà ai Giriama».
Dopo questa vittoria pubblica, Esposito riceve l’endorsement ufficiale dei Giriama, una delle tribù più numerose tra le nove che compongono la comunità costiera dei Mijikenda. Viene ribattezzato con il nome di Kasoso Baya, dal nome del clan che lo ha accolto. «Mi hanno fatto il rito di conversione, e in seguito mi hanno chiesto di candidarmi come governatore della contea. Gli dissi ‘ma siete matti! Sono un muzungu – un bianco!’. Uno degli anziani si fece un taglio sul braccio e disse: lo vedi, il sangue è lo stesso», ricorda Esposito. La sua nasce e rimane una politica incentrata sul contatto con il territorio, una regione che altalena tra turismo ricco e grossa povertà degli abitanti.
“A Magarini, per esempio, la situazione è critica. I giovani spesso non hanno accesso all’educazione e le strutture scolastiche sono fatiscenti. Le condizioni igieniche della popolazione sono precarie, manca acqua pulita”
Il Manifesto di Franco Esposito
Il motto di Esposito è eloquente: Uniti nella diversità. Un candidato bianco ma che ha il supporto della comunità locale, e che vuole essere il candidato di tutti, prerequisito fondamentale in una contea che racchiude un altissima densità di tribù del tutto diverse tra loro, oltre a una radicata comunità di expat. Tra le sue priorità c’è l’educazione, «con il mio stipendio da Governatore voglio creare un fondo per garantire l’istruzione fino all’università per i giovani della contea, che insieme alle donne sono spesso le fasce più vulnerabili, soprattutto nelle zone rurali», chiarisce Esposito.
Un occhio al sociale ma l’altro all’economia, per l’aspirante Governatore. Incentivare la ripresa del turismo, in sofferenza dopo la pandemia, «ma anche migliorare le infrastrutture, soprattutto quelle agrarie. Il sistema idrico qui funziona solo durante le piogge, il che rende la produzione agraria molto instabile. L’obiettivo è di attirare investimenti stranieri, negoziando un’agevolazione fiscale per i primi 10 anni con il governo nazionale».
Un percorso politico non in discesa
Le elezioni del 2022 non sono le prime in cui corre Franco Esposito. L’ultimo tentativo nel 2017, quando aveva sfiorato la vittoria come rappresentante parlamentare per la circoscrizione di Magarini, a nord di Malindi. «La mattina mi davano per vincitore, poi nel pomeriggio arrivarono 3 milioni di scellini kenioti da parte del mio avversario politico e io improvvisamente non ero più il vincitore». Questa volta ha deciso di candidarsi da indipendente, seguendo un trend nazionale che vede molti kenioti rifiutare i partiti tradizionali, ma rimane comunque all’interno della coalizione che sostiene l’attuale governo nazionale.
Il problema sicurezza? «Io mi sento tranquillo, vado in giro con la mia macchina. C’è sicuramente un problema di terrorismo in questa regione, ma se non si investe nell’educazione e nell’occupazione giovanile non si risolverà mai. I giovani qui non trovano lavoro, Al Shabaab gli offre 1500 dollari al mese in cambio della loro lealtà, non è un processo così incomprensibile».