Jihadisti a Cabo Delgado, paura e fuga

di Enrico Casale
poliziotto mozambico

A Nampula continuano a giungere profughi dalla provincia di Cabo Delgado. È un flusso continuo. Arrivano dopo giorni di fuga attraverso i boschi e su strade insicure. Così padre Arlain, scalabriniano, descrive la situazione di emergenza che vive la sua città che si trova poco a sud rispetto alle zone sconvolte dalla guerriglia dei jihadisti di al-Shabab, milizia che si dice affiliata allo Stato Islamico e sta sconvolgendo il nord del Mozambico da quattro anni.

“Questa settimana – osserva il sacerdote – solo nella mia parrocchia sono arrivate una trentina di famiglie cioè quasi 400 persone. La maggior parte fuggita da Mocimboa da Praia, cittadina più volte presa e razziata dai miliziani”. Fuggono di fonte agli attacchi e, per cercare luoghi sicuri, si inoltrano nella foresta. Fanno chilometri nella boscaglia. A volte rischiano e si incamminano sulle strade poco sicure. Sono in condizioni fisiche e psicologiche molto difficili, racconta il religioso.

“A Nampula – continua padre Arlain -, è scattata una gara di solidarietà nei loro confronti. Le famiglie li accolgono nelle loro case. Così in piccole abitazioni si ammassano 15, a volte 20 persone. Hanno tutti pochissimo, ma quel poco lo condividono. Insieme alla Caritas locale stiamo cercando di organizzare una distribuzione di kit alimentari per poterli sfamare”.

In Mozambico si parla poco di questa crisi. Un po’ perché il governo non vuole parlare di una crisi che, al momento, non riesce a risolvere, un po’ perché nessun giornalista osa avventurarsi a Cabo Delgado, diventata una provincia insicura. “Si sa veramente poco – osserva -. In questi giorni abbiamo sentito parlare dell’attacco a Palma e dei numerosi morti. Ma non abbiamo dettagli”. Si parla di mercenari sudafricani accorsi in aiuto delle forze armate, ma padre Arlain non li ha mai visti né ha notizie su di loro. Vede invece i soldati mozambicani transitare per la sua città. “Molti sono giovani, alcuni giovanissimi – spiega -. Nelle scorse settimane abbiamo visto alcuni di loro cercare rifugi a Nampula dopo essersi sbandati di fronte agli assalti dei jihadisti”.

Ma chi sono questi miliziani? “Questo è il vero punto – conclude -, nessuno lo sa. Sono anch’essi giovanissimi. La maggior parte, si dice, siano ragazzi disoccupati che, dietro l’offerta di buone ricompense si arruola. Quello che è certo è che sono molto violenti”.

(Enrico Casale)

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