Kabila rimarrà al potere? Gli Stati Uniti non si oppongono

di Enrico Casale
Piccola oppositrice di kabila

Joseph Kabila, presidente della Rd Congo, sta trovando negli Stati Uniti un prezioso alleato. Washington avrebbe accettato lo spostamento a fine 2018 delle elezioni e quindi la sua permanenza al potere di un altro anno. Proprio mentre il prolungamento del mandato presidenziale sta generando forti tensioni nel Paese con l’opposizione e la società civile che minacciano di organizzare dimostrazioni di piazza per costringere il capo dello Stato a dimettersi. La situazione è particolarmente complessa. Per spiegarla meglio facciamo un passo indietro.

Il mandato di Joseph Kabila è scaduto il 19 dicembre 2016. Il presidente però non ha lasciato il potere adducendo come scusa l’impossibilità di organizzare nuove elezioni, considerata la complessità (anche geografica) del Paese. Alla fine del 2016 la tensione è quindi salita. L’opposizione è scesa in strada per chiedere le dimissioni e un nuovo voto. La situazione sembrava precipitare quando la conferenza episcopale congolese, che gode di ampio prestigio nel Paese, ha accettato di mediare tra le parti. Ne è nato un’intesa, chiamata l’accordo di San Silvestro perché firmato il 31 dicembre 2016. In base ad essa, il presidente sarebbe rimasto in carica fino alla fine del 2017 e, nel frattempo, si sarebbero organizzate nuove consultazioni. Ma il 5 novembre ecco una nuova sorpresa. La Commissione elettorale indipendente ha rinviato il voto fissando la data del 23 dicembre 2018. Ciò significherebbe un altro anno al potere per Kabila. Un affronto inaccettabile per l’opposizione che, da parte sua, ha chiesto le dimissioni del presidente e la formazione di un governo indipendente che porti a termine il processo elettorale nel più breve tempo possibile.

In realtà, l’annuncio della commissione elettorale è arrivato poco dopo la visita a Kinshasa dell’ambasciatrice statunitense alle Nazioni Unite, Nikki Haley, che ha imposto un ultimatum alle autorità della Rd Congo: elezioni entro il 2018, in caso contrario Washington avrebbe congelato gli aiuti economici. «Proponendo la scadenza del 2018, Nikki Haley ha offerto su un vassoio d’oro alle autorità congolesi ciò che esse aspettavano: un secondo anno di potere al presidente Kabila, il cui secondo e ultimo mandato presidenziale è terminato nel 2016 – ha dichiarato la Rete Pace per il Congo in una nota inviata all’Agenzia Fides -. Se l’accordo del 31 dicembre 2016 aveva già ufficialmente avallato un primo rinvio delle elezioni al mese di dicembre 2017, Nikki Haley ha approvato un loro secondo rinvio al 2018. L’ambasciatrice statunitense sembra, in tal modo, non aver soddisfatto che una sola parte, la maggioranza presidenziale, ignorando la seconda parte, l’opposizione, che, pertanto, è rimasta sola a chiedere le dimissioni di Joseph Kabila, principale responsabile, secondo gli oppositori, dell’impasse in cui si trova attualmente il processo elettorale».

I vescovi congolesi hanno incontrato l’ambasciatrice americana e, secondo un comunicato della Conferenza episcopale nazionale del Congo, hanno chiesto a Nikki Haley di: «aiutare il popolo congolese a portare a termine il processo elettorale entro una scadenza ragionevole e accettata da tutte le parti implicate; ottenere dai politici l’effettivo rispetto della Costituzione e la piena attuazione dell’accordo del 31 dicembre 2016; raccomandare alla Commissione elettorale la rapida pubblicazione di un calendario elettorale realistico e preciso, che permetta di organizzare delle elezioni credibili, trasparenti e pacifiche; chiedere al capo dello Stato un impegno esplicito di non candidarsi alle prossime elezioni; ottenere dalle alte autorità dello Stato, civili e militari, la cessazione della repressione delle manifestazioni pacifiche e delle gravi violazioni dei diritti umani, nonché il rispetto dei principi democratici; incoraggiare il governo a proseguire, in maniera chiara, l’applicazione delle misure di rasserenamento del clima politico previste nell’accordo del 31 dicembre 2016, dato che esse costituiscono un presupposto essenziale per avviare un processo elettorale pacifico; fare tutto il possibile affinché il gruppo di esperti designati nella 72ª Assemblea Generale delle Nazioni Unite abbia un potere operativo all’interno della Commissione elettorale».

La dichiarazione statunitense però sembra non aver tenuto presente delle osservazioni. Kabila quindi rischia di rimanere al potere altri dodici mesi con l’importante sostegno degli Stati Uniti. Alla faccia dell’opposizione e della società civile.

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