di Celine Nadler
A un mese e mezzo dallo spiegamento ad Haiti degli agenti di polizia keniani per contribuire ad aiutare la Polizia nazionale (Pnh) a tenere sotto controllo le bande criminali dilaganti che terrorizzano la capitale e vaste zone del Paese caraibico da oltre tre anni, sembra crescere la disillusione nella popolazione haitiana nei confronti di quelli che erano stati inizialmente festeggiati al loro arrivo.
Secondo un reportage della Bbc, nei media e nei social media haitiani sono in aumento i commenti frustrati, che esprimono impazienza e delusione. Alcune delle critiche più aspre accusano di “teatralità” e di essere semplici “turisti” i 400 ufficiali di polizia d’élite keniani dispiegati nell’ambito di una forza multinazionale sotto mandato delle Nazioni Unite che cercherà di riportare la pace ad Haiti.
I critici sottolineano che, nonostante i pattugliamenti congiunti di alto profilo condotti dalla polizia keniana e haitiana a Port-au-Prince, dove si sono verificati scontri a fuoco con presunti membri di una gang, le bande criminali sembrano aver solo rafforzato la loro presa sui sobborghi sud-occidentali e nord-orientali della capitale da quando è iniziata la missione keniana. Da allora, i membri delle gang hanno attaccato e bruciato stazioni di polizia e continuano a saccheggiare le principali autostrade che partono dalla capitale fino all’entroterra. “Cosa stanno aspettando i keniani per agire contro i banditi?”, si chiedeva l’agenzia di stampa locale AyiboPost in un articolo pubblicato su X lo scorso mese, quindici giorni dopo lo sbarco degli africani orientali. Circa due settimane dopo, il sito di informazione online Le Filet Info commentava acutamente: “La presenza della polizia keniana nel Paese non riesce a spaventare i banditi. Continuano a massacrare membri della popolazione civile”.
Inoltre il contingente keniano ha già registrato la sua prima vittima dal suo arrivo ad Haiti, mentre il 30 luglio, un poliziotto keniano è stato ferito da arma da fuoco alla spalla a Port-au-Prince, quando una pattuglia ha attaccato i membri di una gang. Quello stesso giorno, il capo della polizia haitiana Rameau Normil, accompagnato dal comandante delle forze keniane Godfrey Otunge, sembra abbia cercato di contrastare i commenti sfavorevoli dei media locali annunciando che oltre 100 “banditi” erano stati uccisi dalla polizia haitiana e keniana in operazioni condotte sotto lo stato di emergenza dichiarato nelle zone più colpite dalle bande da metà luglio. Tali dichiarazioni, tuttavia, non sono riuscite a placare lo scetticismo dell’opinione pubblica.
La fiducia non è migliorata dalla pubblicazione online di video che mostrano alti funzionari del governo haitiano, nonché la polizia keniana e haitiana che li scortano, mentre si ritirano frettolosamente il 29 luglio, in mezzo a una raffica di colpi di arma da fuoco, dall’ospedale generale abbandonato del centro di Port-au-Prince che avevano appena visitato. Sia la polizia haitiana che quella keniana avevano precedentemente dichiarato che la struttura era saldamente sotto il loro controllo.
Nonostante tali critiche, il Primo ministro ad interim di Haiti, Garry Conille, ha dichiarato alla Bbc Hardtalk di aver accolto con favore il sostegno keniano, considerando la carenza di personale della polizia haitiana. “Abbiamo bisogno di aiuto… ma arriva troppo lentamente e gli haitiani stanno diventando impazienti”, ha riconosciuto.
Inoltre, i keniani hanno dovuto affrontare l’aperta sfida dei principali leader delle gang haitiane. Solo pochi giorni dopo l’arrivo del primo gruppo di keniani, Jimmy “Barbecue” Chérizier, un leader dichiarato della coalizione di bande “Viv Ansanm”, è apparso in un video provocatorio nei confronti dei soldati africani, pubblicato su X. Anche altri leader di gang, tra cui Wilson “Lanmo Sanjou” Joseph, il boss della gang “400 Mawozo”, e il giovane capo gang “Ti Bebe Bougoy”, sono apparsi in video che prendevano in giro sia le autorità haitiane che quelle keniane, continuando al contempo a vantarsi dei loro attacchi.
A metà luglio, il contingente keniano della forza multinazionale ha lanciato il proprio account X, @MssmHaiti , nel tentativo di impostare il tono della narrazione pubblica della propria missione ad Haiti. I resoconti quotidiani sulle attività dei keniani spaziano dall’accoglienza di dignitari in visita presso la loro base, alle lezioni sui diritti umani, fino ai resoconti ottimistici delle pattuglie di “rassicurazione” nelle strade di Port-au-Prince.
Ma l’ottimismo risoluto delle notizie pubblicate sull’account, in particolare i riferimenti al “successo significativo” e al “graduale ritorno alla normalità”, sembrano aver irritato molti ad Haiti, con alcuni che hanno definito tali resoconti come “propaganda”.