di Andrea Spinelli Barrile
La Chiesa cattolica del Kenya ha rifiutato una donazione del presidente Ruto, ribadendo la necessità di indipendenza da influenze politiche. I vescovi hanno mosso delle dure critiche al governo, segnali di tensione che riflettono un rapporto incrinato tra Chiesa e politica.
La Chiesa cattolica del Kenya ha rifiutato una cospicua donazione del presidente William Ruto effettuata nei giorni scorsi. Ruto, infatti, domenica mattina aveva offerto una prima donazione in denaro (600.000 scellini, circa 4.300 euro) al coro della chiesa di Soweto, a Nairobi, “per la loro splendida performance” durante la funzione di domenica mattina, alla quale ha partecipato anche il presidente keniano. Ruto ha anche invitato l’economo della parrocchia ad andarlo a visitare alla State house, la residenza del presidente keniano, per ricevere una ulteriore donazione di 2 milioni di scellini (circa 14.600 euro) per completare la casa parrocchiale. Ruto ha anche promesso 3 milioni di scellini (21.900 euro circa) per comprare un autobus per la parrocchia. Durante la stessa funzione, anche il governatore della contea di Nairobi Johnson Sakaya ha annunciato una donazione di 200.000 scellini (1.400 euro circa).
Donazioni che, tuttavia, sono state rifiutate e restituite: è quanto si apprende da una nota ufficiale dell’arcivescovo di Nairobi, Philip Anyolo, che ha detto di avere rifiutato, e restituito, i regali: “La Chiesa è chiamata a mantenere l’integrità rifiutando contributi che potrebbero inavvertitamente compromettere la sua indipendenza o facilitare un ingiusto arricchimento”, si legge nella nota dell’arcivescovo, che specifica: “La Chiesa cattolica scoraggia fortemente l’uso di eventi ecclesiastici, come raccolte fondi e raduni, come piattaforme per l’autopromozione politica”.
In realtà, la posizione della Chiesa cattolica del Kenya è ben più dura: appena la scorsa settimana infatti, i vescovi cattolici del Kenya, riunitisi nella Conferenza episcopale, hanno aspramente criticato l’amministrazione Ruto, in carica del settembre 2022, per il caos in cui si trovano il sistema sanitario e quello scolastico e per la gestione dell’ordine pubblico durante le proteste della scorsa estate.
I legami di vecchia data tra chiese e istituzioni politiche, in un Paese in cui oltre l’80% della popolazione è cristiana, sembrano indebolirsi: il rapporto tra politica e chiese, in Kenya, è sempre stato piuttosto stretto e spesso, l’ultima volta all’inizio di quest’anno, i cattolici hanno accusato la Chiesa di schierarsi con il governo quando ha deciso di imporre nuove tasse. Un rapporto che appare tuttavia incrinato: nella nota diffusa la scorsa settimana, la Conferenza episcopale cattolica del Kenya (Kccb), che rappresenta tutti i vescovi cattolici del Paese, ha accusato il governo di perpetuare una “cultura della menzogna”. La dichiarazione della Conferenza episcopale solleva questioni relative alla tassazione eccessiva, alla corruzione, alla violazione dei diritti umani, alla libertà di parola, alla disoccupazione e a un sistema educativo e di servizi sanitari “in rovina”: “Nonostante la calma che stiamo vivendo, c’è molta ansia e la maggior parte delle persone sta perdendo fiducia nel governo” ha scritto la Kccb. “Le dispute politiche hanno generato tensioni ingiustificate e hanno approfondito le divisioni tra il nostro popolo”, sottolineano i vescovi.
Una posizione già commentata dal presidente Ruto: “Dobbiamo stare attenti a fornire informazioni fattuali, altrimenti diventeremo vittime delle cose di cui accusiamo gli altri”, sostenuto anche da alcuni senatori come Aaron Cheruiyot, che in una dichiarazione personale ha accusato la Chiesa di “disinformazione”, aggiungendo che “il clero deve evitare di essere divulgatore di propaganda, fake news e falsità”.
Un braccio di ferro durissimo: i vescovi sostengono di sentirsi “costretti” a esprimere tali preoccupazioni e anche il titolo della dichiarazione, “Riportiamo speranza in Kenya”, è velatamente politico visti i tempi che vive la società e l’economia keniana.
Di recente, ricorda alla nostra rivista padre Renato Kizito Sesana, l’Ufficio nazionale di statistica del Kenya ha presentato un rapporto con alcuni alcuni fatti impressionanti. Dal 2021 al 2022, su una popolazione di circa 50 milioni di abitanti i poveri sono aumentati da 19,1 milioni a 20,2. Di questi, 14,8 milioni vivono nelle zone rurali e 5,4 nelle città. “Sono persone che possono spendere in cibo mediamente meno di 3.000 scellini al mese, cioè circa 22 euro” spiega padre Kizito. “Fra questi ci sono 3,6 milioni che keniani che vivono in “hardcore poverty””, ovvero la miseria totale, “con 22 euro al mese. Secondo padre Kizito “la situazione dei poveri è oggi, nel 2024, ancora peggiore perché dal 2022 la guerra in Ucraina ha fatto crescere molti prezzi di prodotti da base (farina da polenta, olio per cucinare e anche il combustibile) e l’inflazione ha galoppato”.
Molti cristiani in Kenya sono cattolici: secondo le statistiche governative, si stima che siano circa 10 milioni, ovvero circa il 20% della popolazione. Altri cristiani appartengono a diverse chiese evangeliche e ad altre confessioni, tra cui la Chiesa anglicana del Kenya, che ha difeso la posizione della Chiesa cattolica: l’arcivescovo anglicano Jackson Ole Sapit ha affermato che i vescovi cattolici hanno rispecchiato i sentimenti di molti keniani.