La notizia è di qualche giorno fa: Raila Odinga si è ritirato dalla competizione elettorale in Kenya. Lo ha fatto dopo che la consultazione dell’agosto scorso era stata annullata dalla corte suprema che aveva fissato la data per la ripetizione delle elezioni al 26 di ottobre prossimo, dunque tra quindici giorni circa.
Questo ritiro è il secondo colpo di scena in Kenya nel giro di pochi giorni. Il primo era stato l’annullamento delle elezioni che erano state dichiarate vinte, dalla Commissione elettorale, dal presidente uscente Uhuru Kenyatta con il 54% per cento dei voti. Odinga aveva ottenuto quasi il 45%.
Cosa è accaduto perchè la Corte Suprema, che di solito è una emanazione del potere, decidesse di annullare le elezioni vinte da Kenyatta? Probabilmente la Corte si è trovata di fronte a irregolarità enormi nel conteggio dei voti elettronico da parte della Commissione elettorale.
Proprio per questo Odinga aveva chiesto la rimozione degli attuali vertici della commissione elettorale e nuovi fornitori del materiale e della tecnologia utilizzata nei seggi. La sua richiesta non è stata ascoltata e, ufficialmente, questo è il motivo del suo ritiro.
In realtà ritirandosi ora Raila Odinga coglie più piccioni con una sola mossa: evita una nuova sconfitta, può continuare a ripetere che aveva vinto le elezioni dell’8 agosto. Ma soprattutto può giocare l’arma del rischio caos, per ottenere, come dieci anni fa, una coabitazione al potere.
Insomma l’eterno (fin troppo eterno) oppositore sta di fatto giocando col fuoco. E’ vero che in Kenya il sistema di potere che ruota intorno a Uhuru Kenyatta e al suo vice William Ruto è un sistema per nulla democratico, corrotto e violento. Ma è anche vero che Odinga è al suo quarto tentativo di ottenere la massima carica dello stato.
In Africa non solo i presidenti sono dinosauri impresentabili. A volte anche gli oppositori.
(Raffaele Masto – Buongiorno Africa)