Chi ancora non la conoscesse può anche afferrarla, rigirarsela tra le mani, sentirne l’odore e picchiettarci sopra: raramente potrà indovinare di che si tratti. Ho svolto più volte l’esperimento anche con dei bambini qui in Italia: legno, bambù…solo dopo svariati tentativi, qualcuno di loro azzardava trionfante la soluzione: «zucche!».
La calebasse è una pianta erbacea annuale, strisciante o rampicante, della famiglia Cucurbitacee, che dà il nome al suo frutto: una particolare specie di zucca. Più nota con il nome francese, viene chiamata in italiano zucca a bottiglia, zucca da vino, cocozza o zucca legenaria (dal suo nome scientifico, Lagenaria siceraria). Originaria delle zone tropicali dell’Africa e del Sudamerica, il frutto può assumere diverse forme, tra cui alcune molto bizzarre, come quelle spropositatamente allungate oppure sferiche. Il frutto ancora giovane e tenero può essere consumato, mentre i frutti maturi vengono lasciati seccare sulla pianta per poi essere raccolti e destinati alla fabbricazione di oggetti, fin dai tempi antichi.
La varietà dai frutti grossi e sferici, con diametri che variano dai 15 ai 60 cm, è coltivata per lo più in Africa occidentale: in Mali, Senegal, nella regione del fiume Niger. Qui le popolazioni non si nutrono di questo frutto, ma lo lasciano maturare per destinarlo alla produzione di oggetti per il trasporto di liquidi e di scodelle per la cucina. In Senegal, ad esempio, le grandi calebasse vengono utilizzate dalle donne in cucina per pulire il riso o il miglio prima di cuocerlo nelle grandi pentole, oppure come generici recipienti. Nei villaggi Peul (popolazione numerosa dell’Africa Occidentale, tradizionalmente allevatori nomadi), ci si versa e consuma il latte di vacca appena munto oppure cagliato, grazie al supporto del gran cucchiaio sempre forgiato dalla calebasse.
Un altro ambito in cui si utilizza la calebasse è quello musicale. Con questo frutto si fabbricano infatti diversi strumenti musicali dell’Africa Occidentale, dove la zucca funge da cassa di risonanza: è il caso della kora (simile a un’arpa), dello xalam/ngoni (un tipo di chitarra tradizionale), il goje (che ricorda un violino) e il balafon (xilofono tradizionale, nella foto sottostante).
In Africa le calebasse vengono infine utilizzate in moltissimi altri modi creativi: chi ci fabbrica vasi per orti verticali, chi addirittura ne fa oggetti d’arte, decorandoli con bombolette spray di vari colori o incidendoli con strumenti appuntiti.
Torniamo a questo punto in Casamance (Senegal), dove il nostro amico Vieux ci mostrerà una calebasse matura appena colta dalla pianta, pronta per essere tagliata per renderne il guscio utilizzabile, dopo aver buttato il frutto all’interno ormai marcito e non prima di estrarne i semi da ripiantare.
(Testo, foto e video di Luciana De Michele)