Che l’attenzione della Cina ai diritti umani fosse scarsa, lo si sapeva. Così come è noto che i politici di Pechino siano poco attenti ai valori della democrazia (sia in Africa sia nel resto del mondo). Detto questo, ha comunque destato sorpresa l’assegnazione del
, il controverso Presidente dello Zimbabwe, noto per la dura repressione delle opposizioni, per la vessatoria e inefficace riforma agraria che ha penalizzato i farmer bianchi senza aiutare i contadini di colore, per i suoi discorsi caustici contro gli omosessuali e le lesbiche. Non è un caso che Mugabe, 91 anni, Presidente dello Zimbabwe dal 1987, dopo essere stato premier dal 1980, è registrato in una lista nera di persone alle quali è negato il visto per i Paesi europei. Questo provvedimento è stato imposto dall’Ue proprio a causa delle continue violazioni dei diritti umani commesse dal suo regime.
Di queste violazioni, però, non ha tenuto conto la commissione del Premio Confucio. Un riconoscimento, creato nel 2010 come alternativa al Nobel per la pace, che già in passato è stato assegnato a personaggi discussi della politica internazionale. Come il Presidente russo Vladimir Putin e l’ex Presidente cubano Fidel Castro.
In realtà qualche dubbio è venuto ad alcuni membri della commissione. Uno dei 76 membri, Liu Zhiqin, ha detto che solo 36 persone hanno votato in favore di Mugabe e ha aggiunto: «Io stesso ho delle riserve. È al potere da così tanto tempo che potrebbe essere facilmente etichettato come un dittatore, un tiranno o un despota». Il Presidente della commissione, Qiao Damo, ha però difeso l’assegnazione del premio a Mugabe, dicendo che il governo dello Zimbabwe ha garantito ai suoi cittadini standard di vita più alti rispetto a quelli di Siria, Iraq, Afghanistan e Libia.