La Cina esce dal mercato dell’avorio, ma Hong Kong…

di Enrico Casale
avorio

La Cina chiuderà tutti gli stabilimenti che lavorano l’avorio e i negozi che lo vendono entro la fine del 2017. Lo ha annunciato il Governo di Pechino che ha già avviato la chiusura di 67 fabbriche di intaglio e si è impegnata a chiudere le restanti 105 per la fine dell’anno.

La decisione è stata salutata con entusiasmo dagli ambientalisti di tutto il mondo perché potrebbe, nell’arco di una decina di mesi, ridurre drasticamente il commercio illegale di zanne di elefante di cui la Cina è il principale importatore.

Da questa decisione, rimane però, al momento, esclusa Hong Kong, ex colonia britannica e ora città con uno statuto speciale. E questo potrebbe essere un problema per la lotta al bracconaggio. Hnog Kong, infatti, gestisce il più grande mercato asiatico di avorio. Lo scorso anno, il Parlamento della città aveva redatto una road map che dovrebbe portare all’eliminazione della produzione e del commercio di manufatti in avorio nell’arco di cinque anni. Ma gruppi di ambientalisti si sono lamentati, affermando che cinque anni sono un lasso di tempo troppo lungo, mentre è necessario agire subito per sradicare il bracconaggio che alimenta il mercato.

elefante africano

Elefante africano

WildAid, un’organizzazione non governativa che si occupa della tutela della fauna selvatica, stima che 30mila elefanti vengano uccisi illegalmente ogni anno per alimentare il mercato dell’avorio. Negli anni, mercati come quello di Hong Kong hanno messo a punto «meccanismi di riciclaggio e hanno alimentato la domanda di avorio». E, mentre il prezzo dell’avorio è sceso di quasi due terzi negli ultimi tre anni, secondo un rapporto di Save the Elephants, il pericolo dal bracconaggio resta acuto. «Se l’orizzonte temporale per il bando della produzione e della commercializzazione a Hong Kong rimarrà di cinque anni – spiega all’agenzia Reuters Oliver Smith, amministratore delegato di David Shepherd Wildlife Foundation – almeno 150mila elefanti verranno uccisi».

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