Le risorse energetiche caratterizzano in maniera dirimente gli interessi geopolitici sino-americani verso il Corno d’Africa. Pur essendo complessivamente ancora poco esplorata, questa zona è destinata a diventare un teatro fondamentale nella competizione tra i due principali attori economici, Pechino e Washington. La Cina in Africa viene presentata come un “donatore canaglia” (rogue donor), predatorio, neocolonialista ed inequivocabilmente deleterio per lo sviluppo del continente; ma siamo sicuri che gli Stati Uniti dietro la “patina democratica” non facciano lo stesso?
di Gabriele Mele
Al centro degli interessi geopolitici di Cina e Stati Uniti vi sono sia le risorse contenute nel sottosuolo che soprattutto i volumi ingenti di idrocarburi che ogni giorno transitano per le rotte marittime di Eritrea, Etiopia, Gibuti e Somalia. Difatti tramite lo stretto di Bab al-Mandeb, ubicato dove il Mar Rosso sfocia nel Golfo di Aden e da lì si congiunge con l’Oceano indiano, transita l’8% del petrolio greggio e prodotti raffinati trasportati annualmente via mare.
Le prime operazioni di esplorazione da parte del Dragone cinese sono state effettuate nel luglio 2018, quando Addis Abeba e Pechino hanno anche raggiunto diversi accordi attinenti alla produzione petrolifera ed alla costruzione di un oleodotto verso il Gibuti e una raffineria Gas Naturale Liquefatto a Damerjog, un villaggio di piccole dimensioni situato nella regione di Arta, distante 16 chilometri della capitale Gibuti. La guerra in Yemen, iniziata nel 2015 con l’avvio dell’offensiva saudita, ha poi contribuito in maniera decisiva a dare ulteriore importanza geostrategica ai porti africani dell’area.
Gli interessi americani nel Corno d’Africa
Data la sua conformazione geografica, l’Etiopia rappresenta per gli Stati Uniti un paese cruciale in quanto punto di osservazione fondamentale rispetto all’interscambio commerciale che avviene nel Corno d’Africa. Tuttavia, la leadership statunitense in questa regione è percepita in forte ritardo rispetto ai suoi competitors, la Cina e la Federazione Russa.
L’obiettivo prioritario per Washington è rappresentato dalla granitica volontà di contenere l’espansionismo di Pechino all’interno del continente africano. Per raggiungerlo, l’amministrazione Trump aveva utilizzato la strategia riassunta dall’aforisma “non riguarda l’Africa. Riguarda la Cina”. In quest’ottica deve essere analizzata la visita fatta nel febbraio 2020 dell’ex Segretario di Stato Mike Pompeo ad Addis Abeba, che ha costituito l’occasione per rimarcare la volontà di sostenere economicamente il piano di riforme sociale e politico del governo di Abiy Ahmed Ali.
Secondo quanto dichiarato dallo stesso Pompeo per Washington era prioritario realizzare la pacificazione con l’Eritrea, ottenere la liberazione dei detenuti politici e realizzare il piano strutturato di riforme. In questo modo il governo etiope aveva palesato un cambiamento di matrice epocale suffragato dal coinvolgimento popolare. In questo scenario gli Stati Uniti hanno offerto il proprio sostegno economico ed in cambio mirano ad ottenere delle condizioni di favore per i futuri e probabili investimenti nella regione.
Gli ambitissimi giacimenti di oro e di platino della regione fanno gola alle principali società americane del settore, così come pure l’enorme ricchezza di combustibili fossili presenti che caratterizza la regione del Corno d’Africa. Tuttavia le recenti vicissitudini all’interno della regione settentrionale etiope del Tigray pongono numerosi dubbi sugli scenari di sviluppo economico nel medio periodo.[2]
L’Africa cinese
Quello di Pechino in Africa è stato un ritorno più che un vero e proprio nuovo arrivo. La Cina aveva già stretto dei fortissimi legami con alcune nazioni del Corno d’Africa negli anni Sessanta e Settanta, una mossa per lo più dettata da motivazioni politiche e ideologiche. Dopo aver ripiegato su se stessa durante gli anni Ottanta, la Cina è tornata a guardare con grande lungimiranza al continente africano nell’ultimo decennio. In particolare, è stata proposta agli interlocutori del continente “un’amicizia affidabile” per un “mutuo sviluppo”. Pechino ha perseguito un modus operandi strategico volto ad ottenere una combinazione di obiettivi economici e risultati politici.[3]
La Nuova Via della Seta marittima e la crescente quota di debito africano detenuta dai cinesi sono identificati come i fattori maggiormente pericolosi di questa strategia egemonica.[4]Un caso emblematico è rappresentato dal nuovo porto di Massaua, sul Mar Rosso, uno dei più grandi del Corno d’Africa, con il dragone cinese a recitare il ruolo del protagonista per la costruzione delle strutture dedite all’industria del freddo. Quest’infrastruttura rappresenta un hub commerciale di primo livello e costituisce parte integrante della strategia cinese di neo-colonizzazione del Corno d’Africa. A questo si aggiunge il fatto che la Repubblica Popolare Cinese resta tuttora un riferimento ideologico-culturale importante per il presidente eritreo Afewerki.
Conclusione
Il travolgente successo dello sviluppo geo-economico cinese ha reso quello di Pechino un modello alternativo potenzialmente più attrattivo di quello proposto dall’Occidente; un archetipo socioeconomico caratterizzato in numerosi casi da una voracità virulenta di conquista rispetto ai suoi interlocutori africani. D’altro canto Pechino ha mostrato tutta la sua potenza finanziaria l’anno scorso offrendo $60 miliardi agli Stati africani per sostenerne gli scambi commerciali attuando così secondo numerosi analisti internazionali, delle pratiche neocoloniali ed imponendo delle clausole vessatorie che stanno conducendo alla cosiddetta “trappola del debito”.
La capillare presenza cinese nel continente africano è ormai un dato di fatto acquisito e con tutte le difficoltà sanitarie e d economiche questa dipendenza dai capitali cinesi è destinata realisticamente a non diminuire.
(Gabriele Mele – Amistades)
Bibliografia:
1) RAMPINI F., La seconda guerra fredda, Mondadori, Milano, 2020
2)GARDELLI S., L’Africa cinese. Gli interessi asiatici nel continente nero, Università Editore Bocconi, Milano, 2009.
Sitografia:
- www.africarivista.it/cina-il-nodo-del-debito-con-lafrica/164162.
- www.africarivista.it/gli-usa-leritrea-si-ritiri-dal-tigray/179943.
- www.africarivista.it/luci-e-ombre-della-cina-in-africa-cooperazione-o-neocolonialismo/180806.
- www.agenzianova.com/a/5e3b0d612899b5.18691411/2797451/2020-02-05/usa-pompeo-in-visita-in-germania-africa-e-golfo-dal-13-al-22-febbraio/linked.
- www.formiche.net/2021/02/cina-africa-via-della-seta-debiti-pandemia.
- www.geopolitica.info/il-porto-di-massaua-come-nuova-leva-dei-rapporti-italo-cinesi-nel-corno-dafrica.
- www.iai.it/sites/default/files/orizzontecina_15_06.pdf.
- www.intopic.it/estero/etiopia.
- www.it.insideover.com/politica/gli-stati-uniti-puntano-alletiopia-per-dominare-il-corno-dafrica.html.
- www.ispionline.it/it/pubblicazione/terre-rare-pechino-punta-allafrica-ma-non-e-sola-29878.
- www.sace.it/studi-e-formazione/country-risk-map/sched.
- www.sicurezzainternazionale.luiss.it/2021/04/04/etiopia-tigray-inizia-ritiro-delle-truppe-eritree.
- https://www.startmag.it/mondo/usa-cina-africa.
[2] La guerra del Tigray, è un conflitto ancora in corso che stia avvenendo in Etiopia. Come schieramenti si contrappongono il Fronte Popolare di Liberazione del Tigray al Governo Federale Etiope con a capo il ministro Abiy Ahmed.
[3] www.formiche.net/2021/02/cina-africa-via-della-seta-debiti-pandemia.
[4] Sul fronte politico, l’area subsahariana si è prestata come terreno perfetto in cui poter fare pratica da “grande potenza”, permettendo a Pechino di riuscire ad espandere la propria presenza ed influenza (con la diplomazia e i militari, gli investimenti e le imprese, i media, etc.), tessendo nuove alleanze ed assumendo nuove responsabilità.