La fame aumenta a ritmo serrato in Africa, più velocemente che in ogni altra parte del mondo. Nel continente africano, più di 250 milioni di persone, pari a circa un terzo della popolazione europea, soffrono ancora oggi di denutrizione. Se non si attuerà un vero cambiamento, il numero di vittime africane di questa piaga inestinguibile potrebbe impennarsi nei prossimi 10 anni, fino a raggiungere 433,2 milioni di persone. Se così fosse, l’Africa otterrebbe il triste record della regione più afflitta dalla mancanza di cibo, al posto dell’Asia.
Numeri e prospettive sono contenuti nel nuovo rapporto sullo Stato della sicurezza alimentare e la nutrizione nel mondo (il Sofi 2020, secondo l’acronimo inglese) realizzato da diverse agenzie delle Nazioni Unite e reso pubblico nei giorni scorsi.
Nonostante il pianeta produca le risorse sufficienti per sfamare tutti, l’accesso al cibo, soprattutto a un cibo di qualità, rimane una grande sfida del nostro tempo. A tal punto che dal 2014 a oggi, sono aumentate di 60 milioni le persone affette da denutrizione. Le agenzie dell’Onu avvertono: se non si invertirà la tendenza, nel 2030 ci saranno ben 840 milioni di malnutriti, un numero in aumento rispetto ai quasi 690 milioni – l’8,9% della popolazione – censiti nel 2019.
«Ci sono varie ragioni per cui la carestia è aumentata negli ultimi anni. Condizioni economiche difficili, economie stagnanti o, addirittura, in peggioramento sono le cause principali di una povertà crescente e di una fame in aumento. Rallentamenti e recessioni economiche, soprattutto dalla crisi del 2008–2009 hanno avuto un impatto significativo» scrivono gli autori del rapporto, un lavoro congiunto tra Fao, Ifad, Unicef, Pam e Oms. «Tuttora, il 10% della popolazione mondiale vive con un massimo di 1,90 dollari al giorno. La maggior parte di loro vive in Africa e nel sudest asiatico» sottolinea il documento.
Nel XXI secolo, mangiare bene e a sufficienza è purtroppo una questione economica. Lo evidenzia il rapporto, lamentando un costo eccessivo di regimi alimentari salutari. Tra Asia e Africa, il 57% della popolazione non può permettersi di avere accesso a una dieta sana ed equilibrata.
Nel continente africano, è nella zona sub-sahariana che la fame colpisce di più. Dal 2015, il numero di persone denutrite vi è aumentato di 32 milioni, allorché proprio nel 2015, i Paesi membri dell’Onu hanno preso l’impegno di raggiungere gli obiettivi per lo sviluppo sostenibile, tra cui l’obiettivo “Fame Zero”, entro il 2030.
Ad aggiungere elementi sullo stato della carestia nel mondo e in Africa è un altro rapporto, pubblicato il 9 luglio dall’Ong Oxfam, dedicato alle conseguenze della pandemia di covid-19 sulla sicurezza alimentare. Un virus che “aggrava la fame in un mondo già affamato”, scrive Oxfam, e che potrebbe, entro fine anno, mietere 12.000 vittime di stenti al giorno a causa dell’impatto del coronavirus. Tra le 10 aree più colpite dalle conseguenze della pandemia sulla sicurezza alimentare figurano la Rd Congo, la regione del Sahel occidentale, l’Etiopia, il Sudan, il Sud-Sudan, mentre il Sudafrica inizia a destare preoccupazione.
La consegna di aiuti umanitari è stata resa più difficile a causa della pandemia, in particolare delle restrizioni imposte sulla circolazione dei beni e delle persone. «In alcuni Paesi come il Ciad e la Mauritania, le agenzie umanitarie hanno dovuto ridimensionare o addirittura sospendere le proprie attività» fa sapere Oxfam.
Prevenire la diffusione della pandemia non basta, sottolinea il rapporto. «I governi devono prendere provvedimenti urgenti per fermare la crisi alimentare che sta peggiorando e creare sistemi alimentari sostenibili e resilienti validi per tutti e per tutto il pianeta».
(Céline Camoin)