La febbre di Lassa spaventa la Liberia, dove almeno 21 persone sono morte a partire da gennaio. Secondo le autorità locali sono oltre 90 i casi segnalati ma ‘solo’ 25 sono quelli accertati. Sebbene sia endemica in Liberia come in altre parti dell’Africa occidentale – tra cui Sierra Leone, Guinea e Nigeria – il contagio sta avvenendo in un periodo dell’anno insolito. Ed è questo che preoccupa le autorità sanitarie. Ma cos’è e come si trasmette?
Cos’è?
La febbre di Lassa fa parte del gruppo delle febbri emorragiche virali (Fev). In generale, spiega l’Istituto Superiore di Sanità, gli agenti responsabili delle Fev sono virus a Rna (arenavirus, bunyavirus, filovirus, flavivirus), la cui sopravvivenza è garantita da serbatoi naturali come animali o insetti. La patologia prende il nome dalla città nigeriana in cui, nel 1969, due infermiere missionarie morirono a causa di questa malattia, fino a quel momento sconosciuta.
Come si trasmette?
Come per tutte le febbri emorragiche, gli uomini non sono serbatoi naturali per il virus, ma possono essere infettati attraverso il contatto con animali infetti (principalmente roditori). In particolare si trasmette con il contatto diretto con escrementi o saliva di roditori. In alcuni casi, dopo la trasmissione accidentale, può avvenire la trasmissione da uomo a uomo, per contatto diretto con sangue, tessuti, secrezioni o escreti di persone infette, soprattutto in ambito familiare e ospedaliero. Nell’80% dei casi, la febbre di Lassa è una patologia lieve o addirittura asintomatica, ma può presentarsi come malattia sistemica grave nel restante 20%. Il tasso di mortalità complessivo è inferiore al 1%, mentre sale al 15-20% se non trattata.
I sintomi
L’esordio della febbre di Lassa è graduale e il periodo di incubazione può arrivare anche a 3 settimane. I sintomi iniziali sono piuttosto generici: febbre, cefalea, mialgie, mal di gola, difficoltà ad alimentarsi, tosse secca, dolore toracico, crampi addominali, nausea, vomito e diarrea. Il peggioramento delle condizioni cliniche si manifesta con edema del volto e del collo, insufficienza respiratoria, versamento pleurico e pericardico, proteinuria, encefalopatia, sanguinamento delle mucose. Non sono rari ipotensione e shock. Nelle zone dove la malattia è endemica, la prevenzione dell’infezione consiste essenzialmente nell’adozione di norme igieniche che riducano l’accesso dei roditori nelle case. In particolare, occorre conservare i cereali e altre provviste in contenitori sigillati, tenere i contenitori dei rifiuti lontano dalle abitazioni e mantenere le case il più pulite possibile. Anche i gatti domestici possono contribuire ad allontanare i roditori. Familiari e operatori sanitari dovrebbero evitare il più possibile il contatto con il sangue o altri fluidi corporei dei malati.
Che rischi corriamo in Italia?
Sono rari i casi in cui i viaggiatori che soggiornano in aree dove la malattia è endemica possono esportarla verso altri Paesi. Anche se altre malattie tropicali sono più frequenti, spiega l’ISS, la febbre di Lassa dovrebbe essere presa in considerazione per la diagnosi quando il paziente torna dall’Africa occidentale, soprattutto se è stato in zone rurali.
Sonia Montrella (Agi)