La filosofia africana viene qui affrontata non nel suo insieme – compito improbo – ma in una chiave «pedagogica», come chiarisce l’autore stesso, che è un missionario bergamasco in Mozambico (dopo essere stato in Brasile), Paese nel quale si è anche laureato in Filosofia presso l’Università Pedagogica a Maxixe, e presso la quale è poi venuto a occupare la cattedra di Filosofia e teologia africana e di Filosofia e teologia contemporanea.
Il taglio «pedagogico» interessa all’autore in quanto egli è in prima persona impegnato nell’educazione. Ma per fare educazione con serietà e consapevolezza è necessario comprendere l’idea di Persona soggiacente alle concrete persone che si hanno davanti. Non esistendo una letteratura bell’e pronta sul «personalismo africano», non rimaneva che tentare di crearsela. Così la prima parte del testo ripercorre alcuni dei pensatori africani (da Alexis Kagame a Severino Ngoenha) che hanno lasciato il segno nella filosofia, naturalmente estrapolandone gli aspetti aventi a che fare con il tema prescelto; nella seconda parte, si apre un confronto con dei «saggi africani» di tre popolazioni del sud del Mozambico, quelle cui l’autore è più vicino nella sua quotidianità; mentre la parte finale è dedicata alla sistematizzazione di quello che Bono viene a chiamare Muntuismo, ossia un possibile «modello teorico di Persona» africano, da non confondersi con il bantuismo né con l’ubuntuismo. Mentre questi ultimi propongono i valori della cultura africana nei diversi campi dell’esistenza, il Muntuismo è, a livello «metafisico e non propriamente teologico», «il modello di Persona africana che trova la sua verità nell’apertura trascendentale e orizzontale, che abbiamo riassunto nell’aforisma: “I am because I believe and I love”». Cioè un «modello teorico di Persona» africano fondato su: «Dio, Persona, Comunità».
L’Harmattan Italia, 206, pp. 218, € 27,00
(Pier Maria Mazzola)