Per la prima volta il torneo più prestigioso del continente si svolge d’estate, monopolizzando per un mese l’attenzione di milioni di tifosi e appassionati. Tutti con gli occhi puntati sulle grandi stelle del pallone, come il fuoriclasse egiziano Mohamed Salah…
Lo spettacolo inizia stasera, venerdì 21 giugno alle ore 22, con il calcio d’inizio della 32ª edizione della Coppa d’Africa (spostata per la prima volta dall’inverno all’estate per accontentare i grandi club europei); partita inaugurale: Egitto-Zimbabwe. Il 19 luglio si conoscerà il nome della regina del calcio africano. La più popolare manifestazione sportiva del continente infiamma milioni di tifosi e paralizza per un mese interi Paesi. Agli orari delle partite, la gente si assiepa attorno ai televisori, uffici e strade si svuotano, ogni attività viene sospesa per almeno novanta minuti. I match in programma in queste settimane non fanno eccezione. Un’edizione, quella in corso, nata tra mille travagli, a partire dal calendario.
Inizialmente il torneo doveva iniziare il 15 giugno, ma qualcuno si era dimenticato del ramadan (il mese sacro dell’islam, che quest’anno va dai primi di maggio a inizio di giugno)… Marocco, Tunisia e Algeria hanno puntato i piedi chiedendo che fosse concesso ai loro giocatori un congruo tempo di riposo e di ripresa dopo il digiuno. Si è quindi venuti incontro ad alcune probabili star di fede musulmana (tipo gli attaccanti del Liverpool Sadio Mané e Mohamed Salah) spostando di qualche giorno la data di avvio.
Risultati clamorosi
Le rappresentative nazionali in gara sono 24, e non 16 come nelle edizioni precedenti. Un allargamento che ha portato a diverse sorprese. Debuttano Madagascar, Mauritania e Burundi. Dopo 39 anni torna la Tanzania, allenata dal nigeriano Emmanuel Amunike, ex del Barcellona, che ha portato la sua squadra alle fasi finali grazie ai principi tattici del tiki-taka catalano. E torna il Kenya, assente da 15 anni. Ci sono pure la Namibia, che non si qualificava dal 2008, e il Benin.
Grande assente, lo Zambia, campione nel 2012 e addirittura quarto nel girone vinto dalla Guinea-Bissau alla sua seconda apparizione consecutiva. Un girone con un finale al cardiopalma, quello vinto dai guineani. I giocatori della Namibia, dopo aver perso l’ultima partita (4-1) contro lo Zambia, erano in lacrime perché sicuri dell’eliminazione, quando è arrivata la notizia del pareggio, al 94’, della Guinea-Bissau con il Mozambico. Un risultato che mandava alle fasi finali la Namibia, beffando il Mozambico. Tra i delusi, anche George Weah: la sua Liberia è stata eliminata perché in classifica è risultata dietro anche allo Zimbabwe, vincitore di un match che passerà alla storia non per il risultato finale ma per la morte di un tifoso ucciso dalla calca creatasi all’entrata dello stadio.
Purtroppo non è stata l’unica sciagura abbattutasi sulle selezioni per accedere alle fasi finali. Nei minuti che hanno preceduto Madagascar-Senegal, davanti allo stadio di Antananarivo si è ammassata una folla oceanica – e un solo cancello aperto: il disastro era preventivabile. Il bilancio è stato di 8 morti.
L’ultimo a qualificarsi è stato il Sudafrica, che nella partita conclusiva del suo girone ha battuto la Libia in una gara tesa e intensa giocata, per motivi di sicurezza, sul campo neutro di Sfax, nonostante il tifo di settemila libici che hanno seguito la propria nazionale sino in Tunisia.
Camerun in extremis
Tornando alle novità, c’è da segnalare il debutto in terra africana, partire dagli ottavi, della Var, acronimo di Video Assistant Referee: la possibilità per gli arbitri, grazie a un video piazzato a bordo campo, di correggere eventuali errori di valutazione.
Dettaglio non trascurabile: le partite si giocheranno in Egitto, anche se nei programmi originari il torneo si sarebbe dovuto svolgere in Camerun. Quasi una non-notizia, dato che è la quarta volta consecutiva che il Paese ospitante designato inizialmente viene privato dell’organizzazione (era già successo nelle edizioni 2013, 2015 e 2017). In questo caso pare che la decisione sia stata presa a causa dei ritardi nei preparativi da parte del Camerun, con problemi di sicurezza crescenti soprattutto nella zona anglofona del Paese. Uno scherzo che al Camerun di Seedorf e Kluivert stava quasi per costare la partecipazione alla fase finale del torneo, poiché i Leoni Indomabili avevano iniziato la corsa solo per far numero, essendo già qualificati come nazione ospitante. Dopo che il Paese ha perso l’organizzazione del torneo, hanno invece dovuto guadagnarsi la partecipazione sul campo, riuscendoci solo all’ultima giornata, battendo 3-0 le sorprendenti Comore.
Oltre al Camerun, ci sono anche tutte le altre grandi potenze: Egitto, Costa d’Avorio, Ghana, Tunisia, Repubblica democratica del Congo, Nigeria e Algeria.
Stelle e politica
Se spulciamo i nomi delle rose dei calciatori di questa Coppa d’Africa, abbiamo la conferma che anche questa volta molti partecipanti hanno dovuto fare delle scelte. Origini, doppi passaporti, ritorni e legami, motivazioni forti e viaggi lunghissimi. Era così anche in passato, ai tempi degli Eto’o e dei Drogba, diretti eredi di George Weah, primo Pallone d’oro africano, primo grande del suo continente a mischiare calcio e politica.
Dopo di lui i campioni sono cresciuti sul campo e fuori: ambasciatori, non sempre troppo coerenti, di un calcio in evoluzione e promotori di diritti, crescita, ricchezza. Le stelle di oggi appartengono a una generazione di talenti che sembra meno interessata a sbandierare le proprie radici. Forse perché non ne hanno più bisogno. È il caso del senegalese Sadio Mané, capitano dei Leoni della Teranga e uno dei più forti calciatori africani in attività.
Lo stesso vale per l’algerino Mahrez, diventato famoso grazie all’exploit del Leicester di Ranieri. Il passato del suo Paese è turbolento, il presente altrettanto inquieto. Ogni convocazione vede crescere le polemiche di chi vorrebbe una nazionale di uomini nati in patria, Mahrez, però, sembra sordo e si accontenta di essere il semplice leader di una squadra che parte tra le favorite. Pure lui è nato in Francia, come altri 12 compagni. Tutti hanno voluto la maglia dell’Algeria, senza se e senza ma, però c’è poca voglia di usare il pallone come megafono.
Lo stesso vale per Mohamed Salah, che ha riportato l’Egitto tra le grandi del continente. La squadra, che ha vinto sette Coppe d’Africa (un record), gioca in casa, subito dopo che il presidente Abdel Fattah al-Sisi ha avuto l’ok referendario per cambiare la costituzione e restare al potere fino al 2030. È probabile che Salah, senza doppi passaporti, faccia come la volta scorsa: posi per le sue brave foto con il presidente, ma subito dopo s’infili la maglietta e si metta a dribblare gli slogan propagandistici…
(Claudio Agostoni)