La Liberia è il Paese più boscoso dell’Africa occidentale, con foreste pluviali che coprono circa i due terzi del suo territorio. Dal 2000, circa il 22% della copertura arborea della nazione è andato perduto a causa della deforestazione. Il Paese potrebbe ora concedere agli Emirati Arabi Uniti una porzione di foresta pari al 10% del proprio territorio, un milione di ettari, sul quale rinuncerebbe alla sovranità concedendo esclusivi diritti fondiari e che il Paese del Golfo utilizzerebbe come “compensazione” per i crediti i carbonio da rivendere alle aziende più inquinanti. È quanto sarebbe previsto da un memorandum d’intesa (Mou) finalizzato a marzo, ma ancora non firmato, denunciato da alcune organizzazioni non governative liberiane.
L’accordo concederebbe il controllo per 30 anni, alla società Blue Carbon con sede a Dubai, di uno dei territori più densamente boscosi dell’Africa, impedendo alla Liberia di utilizzare quel territorio per raggiungere i propri obiettivi climatici relativamente alle emissioni di carbonio: Blue Carbon raccoglierebbe i crediti di carbonio derivanti dal ripristino e dalla protezione del territorio concessogli, da rivendere a terzi. Il tutto, senza alcun coinvolgimento né consultazione della comunità locale, come invece è previsto dalla legge fondiaria liberiana, una norma approvata nel 2019, e come previsto dalla Costituzione del Paese africano.
L’accordo è emerso in seguito a una fuga di notizie da parte di fonti governative. Secondo Middle East Eye, che cita Jonathan Yiah del Sustainable development institute (Sdi), membro del Liberia’s independent forest monitoring coordinating mechanism (Ifmcm, un consorzio di sette organizzazioni ambientaliste), “abbiamo saputo della bozza di accordo solo poche settimane fa”. Il governo liberiano si è affrettato, per silenziare lo scandalo, a convocare le organizzazioni della società civile ai tavoli di consultazione, ma lo Sdi lamenta una scarsa serietà in termini di trasparenza, condivisione di informazioni e coinvolgimento della società civile: “Si stanno comportando come se non ci fosse tempo” ha detto Yiah. Dalla fuga di notizie inoltre è emerso che i funzionari governativi liberiani avrebbero intascato un pagamento anticipato per questo accordo pari a 50 milioni di dollari.
“Rivendicare i diritti legali per commercializzare i crediti di carbonio ha chiare implicazioni per i diritti di proprietà, poiché influisce sul diritto delle comunità di determinare come viene utilizzata la loro terra” ha denunciato l’Ifmcm in un comunicato stampa. Secondo i termini del contratto infatti Blue Carbon è tenuta a condurre negoziati con le comunità locali, ma entro tre mesi dopo la firma del Memorandum, quindi a giochi fatti. Il governo sostiene che si tratti di un progetto pilota ma le organizzazioni ambientaliste sostengono che concedere un milione di ettari per 30 anni non può essere definito “progetto pilota” perché ha implicazioni sul lungo periodo.
Secondo il contratto inoltre i profitti derivanti dalla vendita di crediti di carbonio non sarebbero ripartiti in maniera equa: Blue Carbon raccoglierebbe il 70% degli utili, di cui solo il 30% sarebbe destinato a Monrovia, metà dei quali da versare alle comunità locali, che saranno vincolate nella spesa dall’azione di un Comitato composto da due rappresentanti di Blue Carbon e un funzionario liberiano.