La medicina si mobilita per battere il coronavirus. E non solo la medicina ufficiale, ma anche quella tradizionale africana. Fonte di critiche da parte dei medici occidentali, le cure tradizionali sono spesso l’unica risorsa disponibile e l’unica speranza per la povera gente che non ha soldi per potersi permettere di pagare un medico o di recarsi in ospedale. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, in molti Paesi in via di sviluppo la medicina tradizionale rappresenta il cardine dell’assistenza sanitaria o il suo complemento. In Africa, l’Oms stima che l’85% della popolazione vi faccia ricorso perché più diffusa e accessibile della medicina convenzionale.
Per procurarsi i farmaci tradizionali non è necessario recarsi in farmacia, è sufficiente fare un salto nei vari mercati locali dove è possibile trovare rimedi (in gran parte non efficaci) per “curare” qualsiasi malanno. Molti di questi, in Africa come in altri continenti, si basano sull’impiego di prodotti derivati da animali e piante selvatiche. Le ossa di tigre sono considerate importanti antinfiammatori, i corni di rinoceronte servirebbero come antipiretici (oltre che depuranti e anticancerogeni), la bile di orso tibetano sarebbe una cura per le infiammazioni di fegato e cistifellea e, come abbiamo visto, le scaglie di pangolino costituirebbero un toccasana per una ricca varietà di patologie.
I curatori africani credono che la via d’uscita dalla pandemia potrebbe essere rappresentata proprio dalle cure ereditate dagli antenati. Béatrice Swamilu, intervistata da Rfi, è una di queste guaritrici. Si vanta di aver curato numerosi pazienti da malattie simili grazie a mix di essenze estratte dalle piante locali. tra le quali il kongo-bololo.
«Non abbiamo prescritto kongo-bololo alle persone solo per il coronavirus. Il kongo-bololo è una pianta che tutti possono consumare ed è utile a risolvere molti malanni. Se non si trova la soluzione nella medicina moderna, si dovrebbe tornare alla medicina degli antenati. Queste piante dovrebbero fornire una cura per questo virus», spiega la guaritrice.
Mentre di alcune sostanze naturali si conoscono i principi attivi e si sa che possono alleviare i sintomi del coronavirus, al momento non esistono cure tradizionali che possano, con assoluta certezza, prevenire o curare la malattia. Il biochimico congolese Théophile Mbemba, per esempio, consiglia di «rispettare le misure imposte dalle autorità, ma anche di consumare curcuma, zenzero, aglio, cipolle, maniguette, melanzane perché tutti questi alimenti contengono principi attivi, molecole e antiossidanti che potrebbero potenzialmente inibire il Covid-19».
In Zimbabwe è stato lo stesso governo ad autorizzare l’uso di erbe e la sperimentazione delle stesse per l’approccio alla cura del virus (anche se il trattamento dovrà ricevere il consenso del paziente). L’autorizzazione, in forma scritta, è stata diffusa dal direttore dei Servizi sanitari della città di Harare, Prosper Chonzi, e indirizzata, nello specifico, a Kenneth Chivizhe, direttore del Traditional Medical Practitioner Council.
Una decisione che ha sollevato le critiche di esperti della salute che si dicono scettici e chiedono estrema cautela. Tra questi la dottoressa Nyika Mahachi, presidente del Collegio dei medici della sanità pubblica dello Zimbabwe, che ha affermato: «Il coronavirus si sta diffondendo e la sua mortalità è piuttosto elevata, quindi non possiamo rischiare con la medicina tradizionale che non è provata. Persino i normali farmaci non hanno dimostrato di essere efficaci nel trattamento o nella cura del Covid-19».