Houda Terujuman è nata in Marocco, dove vive tuttora, da padre siriano e madre svizzera. E’ un’artista: i suoi lavori parlano di migrazione, esilio e resilienza. Gli spunti arrivano dalla sua esperienza personale, ma lei riesce sempre a incorporare l’elemento soggettivo in una riflessione più ampia sulla società e sul valore aggiunto offerto dalla mescolanza di lingue e culture.
Negli anni ha esposto a Milano, Parigi, Madrid e in varie altre cità europee. Dal 6 dicembre è presente alla Galleria delle Prigioni di Treviso, insieme con altri 14 artisti giovani e “migranti”, coinvolti nella mostra itinerante Don’t ask me where I’m from.
Si tratta di una collettiva progettata dalla Fondazione Imago Mundi (che fa capo a Luciano Benetton) in collaborazione con l’Aga Khan Museum di Toronto: un progetto espositivo che aspira a sollecitare una riflessione seria e obiettiva sul tema delle migrazioni e sul rischio implicito nei rigurgiti nazionalisti.Per l’occasione Houda ha creato una sorta di mondo in miniatura, scolpito e dipinto, che accoglie e riassume le diverse esperienze migratorie. In The Road Less Taken troviamo, per esempio, una minuscola imbarcazione che trasporta una palma che simboleggia l’insediamento e la crescita di radici. In Uprooted Home c’è invece una casa in apparente abbandono, dentro la quale cresce un albero quasi evanescente, nutrito dalla nostalgia.
La mostra resterà a Treviso fino al 2 febbraio. Tappa successiva Toronto. Il viaggio quindi proseguirà attraverso USA, Europa e Medio Oriente.