La penetrazione russa in Africa passa dal Camerun

di claudia
militari camerun

Di Céline Camoin

Reazioni e commenti discordanti hanno accompagnato l’accordo di cooperazione militare firmato tra il Camerun e la Russia, il 12 aprile scorso a Mosca. La data non è sfuggita ai più. Il contesto è noto: l’invasione russa dell’Ucraina. Sostenitori del regime di Yaoundé e del suo presidente Paul Biya hanno salutato la firma degli accordi come una grande prova di coraggio e di indipendenza. Inoltre, si è appreso che l’accordo del 12 aprile scorso approfondisce in realtà precedenti accordi già esistenti, e che doveva essere firmato ben prima della guerra in Ucraina, ma rimandato a causa della pandemia di Covid-19.

Per cercare di capire meglio i contorni di questo accordo – la cui versione integrale è disponibile sul sito 237Actu – Africa rivista ha voluto chiedere il parere di un analista politico camerunese, e lo ha fatto con Aristide Mono, esperto indipendente in questioni di sicurezza e politiche pubbliche.

“Nonostante la moltitudine di teorie nell’analisi delle relazioni internazionali, la lettura dei rapporti tra attori statali non può prescindere dalla teoria realistica, sempre guidata dalla ricerca e dalla salvaguardia dei rispettivi interessi. Ed è in questa ottica che bisogna leggere l’accordo di cooperazione militare del 12 aprile”, chiarisce il nostro interlocutore. “Ciascun Paese vuole rimanere pragmatico per sfruttare al meglio la collaborazione. Da un lato le proiezioni geopolitiche, geostrategiche e geoeconomiche della Russia e dall’altro, la caccia agli investimenti e agli aiuti militari russi da parte del Camerun in un momento in cui, più che mai, il Paese sta soffocando economicamente, finanziariamente e dal punto di vista della sicurezza”, ritiene l’analista.

Il Camerun, dal 2013, è alle prese con le scorribande mortali del gruppo jihadista Boko Haram, oltre che con una guerra, dal 2017, condotta dai separatisti nella sua parte anglofona. E non mancano incertezze nella sua parte confinante con la Repubblica Centrafricana, oggetto degli sporadici appetiti delle ribellioni di questo Paese.

“Poiché il Camerun non riesce a ripristinare l’ordine securitario del passato, ogni seria offerta di sostegno può solo essere considerata una buona opportunità, un’opportunità da cogliere con urgenza perché le situazioni di precarietà in atto richiedono risposte urgenti”, ci spiega Aristide Mono, specificando che Yaoundé nel frattempo ha perso il sostegno di un partner che lo ha sempre appoggiato nelle sue politiche di sicurezza e di difesa. “Mi riferisco agli Stati Uniti, che hanno deciso nel 2020 di ridurre gli aiuti militari concessi al Camerun per violazione dei diritti umani. Diciassette milioni di dollari che dovevano aiutare il Camerun ad acquisire nuove attrezzature militari, tra cui blindati, pattugliatori e radar. Gli americani hanno rimosso il Paese dal loro programma di partenariato statale per la cooperazione in materia di sicurezza”. Sul terreno, precisa Mono, gli americani hanno ritirato nel marzo 2019 i loro 300 soldati schierati nel 2015 dal presidente Obama per sostenere il Camerun nella lotta contro gli insorti di Boko Haram. La firma di questo accordo con Mosca, alla luce del contesto, “non solo è stata tempestiva, ma anche urgente, soprattutto perché le cose si sono trascinate troppo. In effetti, è dal 15 aprile 2015 che esiste questo progetto di accordo di cooperazione militare e tecnica. Doveva essere firmato nel 2020, ma per la pandemia da Covid 19 la firma è stata posticipata a data da destinarsi. È quindi solo il culmine del programma di lavoro svolto a monte dagli esperti che, in una certa misura, ha coinciso con l’attuale situazione internazionale”, ritiene l’analista.

Tuttavia, sottolinea Mono, “l’anteriorità di questa bozza di accordo, rispetto alla guerra in Ucraina non può soffocare le questioni legate a questa situazione”, né i temi di affermazione dei giganti del mondo sulla scena internazionale nell’ambito di questa competizione, che ha come scenario la guerra in Ucraina. “L’elemento marcatore risiede nella discrezionalità che ha circondato la firma di questo accordo (firma tenuta segreta per circa una settimana prima di essere resa nota dalla stampa, Ndr). Tradisce la scelta di Yaoundé di non scontrarsi con i suoi storici partner nella comunità delle potenze occidentali, nemici della Russia e amici dell’Ucraina. La scelta della discrezionalità non è stata quindi banale”. Secondo il nostro interlocutore, “ha risposto al desiderio di mettersi al riparo dalle critiche di chi pensa che Vladimir Putin sia un mostro da isolare e da combattere per qualsiasi Stato preoccupato del rispetto dei diritti umani e della sovranità degli altri Stati”. Ma il documento è trapelato e dagli antagonisti della Russia non sono mancate critiche. L’ex sottosegretario di Stato incaricato dell’Africa del governo Usa, l’ex diplomatico Tibor Nagy, si è detto incredulo di fronte al ‘bad timing’ della firma di questi accordi, al culmine dell’aggressione in Ucraina, definendolo un pugno nell’occhio per Stati Uniti e Francia, di cui il Camerun potrebbe aver bisogno in futuro. Inoltre, il governo americano, a pochi giorni dalla firma dell’accordo, ha concesso protezione a tutti i camerunesi esiliati dalla guerra nella zona anglofona, “probabilmente per far arrabbiare Yaoundé che ha sempre chiesto l’estradizione di molti di loro”, osserva Aristide Mono.

Agli occhi delle potenze occidentali, “Yaoundé ha appena fatto la scelta implicita di Mosca a scapito del blocco occidentale. Questa apprensione è rafforzata dalla sua posizione – l’astensione e l’assenteismo – durante i voti Onu sulle risoluzioni che hanno riguardato la crisi ucraina. “Questa posizione non può che suscitare, da parte delle potenze occidentali, sospetti di allineamento del Camerun dietro la dittatura di Putin”. Allo stesso tempo, il governo camerunese afferma le sue “ambizioni sovraniste” nelle sue relazioni con gli altri Stati. Il Paese “dimostra di essere più che mai risolutamente impegnato a seguire i suoi istinti e i suoi interessi in un campo dove non ci sono amici, solo interessi”, ritiene l’intervistato. E l’interesse, in primo luogo è “colmare il vuoto lasciato dal disimpegno degli americani – sullo sfondo del ricatto dei diritti umani – nelle politiche generali di difesa del Camerun; poi, il consolidamento di alleanze strategiche con un attore che lo ha spesso accompagnato senza una controparte politica, senza costrizioni democratiche. Per un governo che ha sempre nutrito appetiti dittatoriali, questa cooperazione senza requisiti democratici sembra un buon affare; infine l’uscita dalla dipendenza attraverso la diversificazione dei partner internazionali che protegge la dittatura di Yaoundé da ogni ricatto”.

Questa diversificazione dei partner della difesa rientra in quella della strategia di demonopolizzazione dell’influenza francese nell’Africa subsahariana. In gran parte colonizzato dalla Francia, il Camerun sta cercando, in qualche modo, di “rompere con il dominio neocoloniale attraverso l’ampia diversificazione dei lavoratori della cooperazione internazionale. L’obiettivo è quello di indebolire l’esclusività della sua influenza militare in Camerun, sedimentazione storica della Francia attraverso accordi di difesa che risalgono agli anni dell’indipendenza, rinnovati il 21 maggio 2009”, ricorda, ma mette in guardia: “Sarebbe ingenuo credere in una nascente dinamica sovranista. È solo un cambio di tutor, la dipendenza rimane. Una dipendenza che non è mai esente da qualche contropartita poiché, realisticamente, la Russia non può firmare alcun contratto con un altro Stato, soprattutto un piccolo Paese mendicante cronico degli aiuti internazionali, senza aver le garanzie che guadagnerà e molto. Non vedere che la Russia sta cercando opportunità economiche attraverso le garanzie di sicurezza che cerca di stabilire significa essere strategicamente miope”, afferma il politologo Mono. “La Russia vuole mettere al sicuro i suoi appetiti economici presenti in Camerun come gli investimenti” tramite Gazprom Marketing & Trading Singapore Pte Ltd, e i suoi futuri appetiti economici come la capitalizzazione del gas naturale liquefatto al largo di Kribi, esportato oggi solo in Cina e Taiwan, appetiti simboleggiati dalle pretese della Lukoil.

Difficile, quindi, dimostrare che questa diversificazione dei partner consentirà al Camerun, come ad altri Stati africani sublimati dalla seduzione clientelare russa, una vera autodeterminazione ricercata dopo le lotte per la liberazione o l’indipendenza. “La tesi dell’arruolamento in una nuova dipendenza, sebbene diluita e dipinta in modo diverso, talvolta con vantaggi comparativi, rimane abbastanza sostenibile. Continueremo a notare, da un lato, la sopravvivenza del sistema di dipendenza e sfruttamento asimmetrico delle risorse, rimproverato ad esempio nei rapporti con la Francia e dall’altro, noteremo le stesse ambizioni egemoniche monopolistiche di quelle dei precedenti partner esclusivi, come sta accadendo oggi in Africa con le vicende nella Repubblica Centrafricana del subappaltante privato di Mosca, la compagnia mercenaria Wagner, che vi opera in grave violazione dei diritti umani e sfrutta clandestinamente le risorse naturali del Paese”.

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