Il presidente dell’Angola, João Lourenço, è in partenza per New York, chiamato a riferire alla riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla questione della Repubblica Centrafricana. Il conflitto nel Paese dura dal 2013 ed è lontano dall’essere risolto. Nonostante i gruppi ribelli non operino più nella regione centrale e intorno alla capitale Bangui, permangono l’instabilità politica e il problema della sicurezza
Il capo di stato angolano parteciperà mercoledì 23 giugno alla riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, sulla situazione politica e di sicurezza in Centrafrica, in qualità di presidente della Conferenza internazionale per la regione dei Grandi Laghi (Cirlg). Lourenço, come presidente di turno della Conferenza sta spingendo da mesi per una soluzione panafricana ai problemi del Centrafrica, primi tra tutti l’instabilità politica e la sicurezza.
Nelle elezioni di dicembre il presidente Faustin Archange Touadera è stato riconfermato, ma il conflitto che dura dal 2013 è lontano dall’essere risolto, tra momenti di pace e violente recrudescenze. Nei primi mesi del 2021 c’è stata un’escalation di attacchi, opera dei ribelli della Coalizione dei patrioti per il cambiamento (Cpc), guidati dall’ex presidente Francois Bozizé che recriminava per l’impossibilità di candidarsi alle elezioni. Il numero approssimato per difetto dei profughi interni ed esterni generati dalla guerra centrafricana, si aggira al momento intorno a un milione e mezzo, un terzo dei circa 4 milioni e 700.000 abitanti. La proporzione più alta del mondo.
Ad aprile però c’è stato spazio per delle nuove operazioni diplomatiche. Si è svolto in Angola un vertice della Conferenza internazionale sulla regione dei Grandi Laghi sulla situazione nella Repubblica Centrafricana, ed erano presenti i capi di Stato di Rwanda, Congo e Centrafrica. I leader hanno chiesto e ottenuto una tregua da parte dell’opposizione armata, che ha accettato di interrompere la guerra. Il summit ha accolto con favore la recente risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu che ha approvato l’aumento di 2.750 unità della missione Minusca in Centrafrica.
I ministri degli Esteri di Angola, Ruanda e Repubblica Centrafricana hanno poi ripreso le discussioni a maggio e giugno a Bangui, sintomo di un reale sforzo regionale per una pace duratura nel paese. Ma gli interessi e le truppe in campo in Centrafrica sono ancora difficilmente conciliabili. Chi non vede di buon occhio queste trattative è la Russia, ormai alleata di primo piano del Centrafrica e del presidente Touadera, dopo il recente disimpegno francese. L’ambasciatore russo in Repubblica Centrafricana, Vladimir Titorenko, ha detto in un’intervista a Rfi lo scorso marzo, che non ci può essere dialogo con i gruppi criminali, in riferimento alla Cpc e a Bozizè. La Russia sostiene da mesi le truppe centrafricane con qualche centinaio di istruttori, anche se secondo alcuni analisti si tratta di mercenari, che recenti inchieste accusano di crimini sui civili.
Nonostante i gruppi ribelli non operino più nella regione centrale del Paese e intorno alla capitale Bangui, il problema della sicurezza è comunque pressante. Tanto più che il Centrafrica è ufficialmente sotto embargo per le armi dal dicembre 2013, durante il periodo di massima instabilità dopo il colpo di stato che rovesciò Bozizè. Nonostante varie iniziative di pace, un periodo di transizione e due elezioni, le sanzioni sono tuttora in vigore. Ai ribelli tuttavia le armi non sono mai mancate. Questo sarà un punto sul quale il capo di stato angolano chiederà l’intervento della Nazioni Unite. Nella nota che ha preceduto la sua partenza Lourenço ha apertamente auspicato la fine dell’embargo. Il presidente dell’Angola ha annunciato che un’azione a favore della pace e della sicurezza in Centrafrica sarà “sviluppata in stretta collaborazione con il presidente della Commissione dell’Unione Africana e con il Segretario generale delle Nazioni Unite”.