di Enrico Casale
Motori e lampade non inquinanti, stop alle reti distruttive, lotta al bracconaggio: la svolta dei piccoli pescatori per salvare i bacini malati. Le acque dei laghi Vittoria, Malawi e Kivu sono sempre più povere di pesci. Le cause? Cambiamenti climatici, inquinamento, eccessivo sfruttamento ittico. A rischio sono milioni di piccoli pescatori. Che cercano tuttavia di correre ai ripari attivando strategie per salvaguardare la loro risorsa vitale.
Un colpo. Poi un altro. E un altro ancora. Il cavo di accensione si riavvolge velocemente e il fuoribordo si mette in moto. Un fumo grigio esce dal foro di scappamento investendo l’equipaggio con il suo odore acre. L’elica comincia a girare. La barca taglia l’acqua come un coltello nel burro. Un’acqua che la notte rende nera come il petrolio. Il tragitto dura un’ora, forse più. Una volta raggiunto il centro del lago è notte fonda. Gettata l’ancora, i pescatori iniziano le manovre per accendere le lampade a cherosene. Bisogna stare attenti perché, con un gesto sbagliato, la lampara può esplodere. Quando il bagliore della luce illumina la superficie del lago, si gettano le reti.
Ogni notte questa scena si ripete sui laghi africani. Sui bacini più grandi, migliaia di persone si guadagnano la vita pescando. Negli anni l’attività è però diventata sempre meno sostenibile. Gli stock ittici si stanno riducendo a causa dei cambiamenti climatici e della pesca intensiva. L’uso di carburanti di origine fossile, come benzina e cherosene, inquina le acque e ha costi sempre più elevati. Per i pescatori e le loro famiglie il rischio è di rimanere senza fonti di sostentamento e di andare a ingrossare le file dei profughi che cercano fortuna nelle periferie delle capitali africane perdendo la loro identità e affondando nella miseria. Sui laghi, però, qualcosa sta cambiando. Abitudini che sembravano consolidate paiono sgretolarsi grazie a nuove tecnologie e nuove politiche.
Svolta elettrica
I cambiamenti sono evidenti nel Lago Vittoria, il più grande del continente, il secondo lago più grande al mondo (dopo il Lago Superiore negli Usa). Le comunità rivierasche hanno sempre fatto affidamento sulla pesca per il proprio sostentamento. Ma l’aumento delle attività ittiche e gli effetti nefasti del riscaldamento climatico hanno portato a un aumento della temperatura dell’acqua che, combinata alla pesca eccessiva e al continuo inquinamento, sta mettendo a rischio gli stock ittici (il 76% delle specie rischiano l’estinzione).
Da qualche anno, però, i pescatori stanno mettendo in atto una rivoluzione pacifica, lontana dai riflettori e silenziosa: i motori elettrici. Sulle rive keniane del lago, nel villaggio di Mbita, ha sede la startup Asobo, che affitta a prezzi modici i motori elettrici Torqeedo ai pescatori locali perché li utilizzino al posto degli inquinanti motori a gasolio. L’obiettivo è ridurre in modo significativo l’impatto delle emissioni di carburante nel Lago Vittoria. «Quello che stiamo facendo è provare a ridurre drasticamente le emissioni di CO2 nell’aria, oltre a ridurre l’inquinamento dettato dallo sversamento di petrolio nel lago dovuto all’utilizzo di motori a benzina», spiega Laurens Friso, uno dei fondatori di Asobo, aggiungendo che l’utilizzo dei motori elettrici rappresenta anche un guadagno. «L’affitto di un motore elettrico», sottolinea, «è tra il 20 e il 25% inferiore al costo mensile di un motore fuoribordo a benzina. In Paesi a basso reddito come il Kenya il risparmio è importante, perché da qui può nascere una crescita collettiva e può essere il punto di partenza per uno sviluppo sostenibile delle comunità. Crediamo che entro il 2040 non ci sarà più un solo motore a benzina sul Lago Vittoria».
A questa rivoluzione si aggiunge quella delle lampare elettriche. Per anni sui laghi africani sono state utilizzate luci alimentate a cherosene. Molti pescatori rimanevano feriti nell’accensione, non facile, delle lampade. Senza contare i danni alla salute provocati dai fumi di cherosene. Sul Lago Vittoria si stanno diffondendo lampare alimentate da batterie che vengono caricate da pannelli solari. Molti pescatori hanno acquistato i pannelli fotovoltaici, altri si rivolgono a distributori di energia a basso prezzo. Il risultato è un crollo dei costi per i pescatori e indubbi benefici per la loro salute.
Rivoluzione culturale
La riduzione degli stock ittici è ancora più forte sul Lago Malawi. Con l’abbassamento del livello dell’acqua e la pesca intensiva, le catture dei pescatori si sono ridotte di oltre l’80%. Anni fa, era normale catturare circa 5.000 pesci al giorno, ma ora i più fortunati ne portano a casa un quinto. Un problema, per 1,6 milioni di persone delle comunità lacustri che dipendono dalla pesca. Per reagire al declino, la Fao (l’agenzia Onu per l’agricoltura e l’alimentazione) ha varato, insieme al dipartimento della Pesca e al ministero delle Foreste e delle risorse naturali, un progetto per avviare attività finalizzate a combattere il degrado ambientale. Lavorando con i capivillaggio e le comunità locali, ai pescatori vengono insegnate le misure per rigenerare la qualità e la quantità di pesce nel lago e per salvaguardare l’ambiente.
Con il sostegno del progetto, le comunità hanno poi elaborato un piano d’azione che comprende l’adozione di statuti per regolamentare la pesca e per la creazione di due zone per la riproduzione dei pesci, nelle quali è vietato pescare. Secondo Nevarson Msusa, responsabile della pesca distrettuale, il progetto sta avendo un impatto positivo sulla pesca locale: «I membri della comunità hanno aderito all’iniziativa. Sono stati piantati alberi. Le sponde dei fiumi sono gestite meglio. Gli attrezzi e le attività di pesca sono più controllati e la popolazione ittica è in aumento». Parallelamente sono anche state perseguite le pratiche di pesca illegale e le comunità hanno intensificato i pattugliamenti per ridurre l’uso di attrezzi da pesca distruttivi, come le zanzariere, utilizzate per raccogliere avannotti e uova.
Lotta alla pesca illegale
La riduzione del pescato è un problema anche per il Lago Kivu. Jean-Bosco Sibomana, il coordinatore del Kibuye Fishing Project, riferisce che nel 2020 durante «l’alta stagione» un pescatore catturava tra i 60 e i 70 chili di sardine a notte, e nella stagione secca tra i 20 e i 40. Già nel 2021 lo stesso pescatore non ne prendeva più di 40 a notte in «alta stagione» e 10 e 15 in quella secca. Nel 2022 la produzione di sardine ha continuato a diminuire drasticamente. Secondo Sibomana, è necessario condurre ricerche per scoprire i fattori alla base della drammatica diminuzione delle specie ittiche anche se, a suo parere, è la pesca illegale a essere la principale indiziata. «Uno studio condotto alcuni anni fa ha indicato che solo 150 reti da pesca erano legali nel Lago Kivu. Adesso ci sono circa 400 squadre nella comunità di pescatori e oltre 1.000 nuove reti da pesca moderne e legali», ha detto Sibomana.
Anche in questo caso il problema è culturale. «Le autorità devono promuovere la cattura di pesce maturo, non di larve o piccoli», dice. «Stiamo cercando di combattere il bracconaggio e l’uso di zanzariere che distruggono gli avannotti».
Il governo di Kigali sta preparando una strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile della pesca in Rwanda. «È necessario rafforzare le misure per la protezione dell’ambiente dei laghi costieri, diffondendo l’uso di attrezzi da pesca che contribuiscano al ripristino dell’ecosistema, promuovano la collaborazione con i governi locali per ridurre la pressione della pesca, migliorino la sorveglianza per frenare la pesca illegale e sviluppino di capacità dei pescatori e della comunità locale per renderli consapevoli dell’impatto delle azioni umane sulla pesca di cattura». Sui laghi, il futuro è già in cammino.
Questo articolo è uscito sul numero 4/2023 della rivista Africa. Per acquistare una copia, clicca qui, o visita l’e-shop.