La pratica sovietica di stabilire “relazioni amichevoli” con l’Africa ha avuto “un buon track record” e dovrebbe essere un modello di cooperazione, data la nuova realtà geopolitica globale. Lo ha detto Natalia Tsaizer, presidente dell’African business initiative union, citata dall’agenzia russa Tass.
Durante una discussione al Valdai international club, dedicata alle relazioni tra Russia e Africa, Tsaizer ha invocato una maggiore cooperazione di “soft power” tra Russia e Africa: “Il formato dell’amicizia tra i popoli, che, in un modo o nell’altro, esisteva in Unione Sovietica – e infatti abbiamo un’università con lo stesso nome – è probabilmente l’elemento principale che deve essere ripristinato, ma in formato completamente diverso nel nuovo tempo, nel nuovo paradigma geopolitico di oggi”.
L’analista ha specificato che questi sforzi dovrebbero essere portati avanti “in modo tempestivo”, dato che la Russia dispone ancora di un consistente capitale umano, in Africa, che risale al periodo sovietico: “Abbiamo bisogno che questo capitale umano venga adeguatamente sostituito con persone fedeli alla Russia”.
Andrey Maslov, direttore del Centro per gli studi africani presso la Scuola superiore di economia dell’Università nazionale di ricerca russa, si è detto d’accordo con l’idea di esercitare più “soft power” in Africa, ma ha specificato che ci furono pochi impedimenti all’Unione Sovietica nel perseguire quel tipo di strategia: “L’Unione Sovietica ha agito quasi senza concorrenza perché l’Occidente non era pronto a fornire un’istruzione agli studenti africani su ampia scala. L’esperienza sovietica è stata successivamente copiata in Cina e in Occidente. E ora operiamo in un ambiente competitivo: è necessario formare i migliori e coloro che occuperanno posizioni di rilievo nei loro Paesi”.
Maslov ha detto di ritenere che fornire maggiori opportunità per imparare la lingua russa in Africa, insieme ad aumentare la domanda di studi russi attraverso ulteriori incentivi per gli studenti di talento, aiuterebbe il soft power russo: “È tempo di passare dalla crescita quantitativa nell’istruzione degli studenti africani alla crescita qualitativa, senza rifiutare allo stesso tempo quella quantitativa”.