di Valentina Geraci – Centro studi AMIStaDeS APS
Il 10 ottobre è uscito nelle sale La Storia di Souleymane film diretto da Boris Lojkine, già premiato a Cannes. La pellicola racconta la vita di un giovane guineano rider in Francia, in attesa dello status di rifugiato. Nello stesso periodo, a Firenze è nata Casa Rider, uno spazio di supporto per rider, soprattutto migranti, con l’obiettivo di sensibilizzare sui loro diritti e promuovere l’auto-organizzazione contro lo sfruttamento.
Lo scorso 10 ottobre ha debuttato nelle sale italiane La Storia di Souleymane, un film diretto da Boris Lojkine, già acclamato al Festival di Cannes con un prestigioso riconoscimento. Lojkine ci offre un ritratto intimo e toccante della vita di Souleymane, un giovane migrante originario della Guinea, calando la sua vicenda in una dimensione fortemente realistica che riflette le fragilità e le difficoltà di tante persone nel nostro mondo.
Souleymane, in attesa del riconoscimento dello status di rifugiato, tenta di mantenersi lavorando come rider in Francia, trascorrendo ore frenetiche tra consegne incessanti, clienti insoddisfatti e sfruttatori senza scrupoli. Una sensazione di sospensione, ansia e incertezza che si nasconde dietro il movimento continuo. Un’attesa che consuma Souleymane dall’interno, rivelando la vulnerabilità che accomuna non solo i lavoratori rider, ma molte persone costrette a vivere in condizioni precarie.
Il successo al botteghino italiano, con un incasso di circa 805 mila euro nel primo weekend, testimonia quanto i temi centrali del film – lo sfruttamento lavorativo, la ricerca di una vita dignitosa e le fragilità per tante persone migranti– risuonino profondamente. La Storia di Souleymane non è solo un’opera cinematografica, ma uno specchio fedele di una realtà che migliaia di cittadini affrontano quotidianamente, anche in Italia. Un film che non si limita a raccontare, ma invita a riflettere.
A mettere sotto i riflettori questi temi, di recente, è stata la città di Firenze. Proprio mentre La Storia di Souleymane è proiettato nelle sale, si è inaugurata un’iniziativa cruciale per la tutela dei diritti dei lavoratori del Food Delivery: l’apertura della campagna di crowfunding per Casa Rider. Situata in Via Palmieri, nel cuore della città, Casa Rider è stata resa possibile grazie all’impegno della CGIL e alla collaborazione con diverse realtà fiorentine come L’Altrodiritto, CAT, Oxfam Intercultura e Nosotras Onlus.
Questo spazio rappresenta un rifugio sicuro per i lavoratori rider, molti dei quali sono giovani migranti provenienti dall’Africa subsahariana, dal Pakistan e da altre zone del mondo, spesso costretti a lavorare in condizioni estremamente precarie e vulnerabili.
Casa Rider nasce come risposta concreta alle necessità di una categoria di lavoratori troppo spesso invisibili. Come spiegato da Chiara Bianchi di Altrodiritto in un’intervista alla nostra rivista, “si tratta di un luogo dove i rider non solo possono riposare e ripararsi, ma anche accedere a servizi essenziali: ricaricare i cellulari, riparare le biciclette, lavare gli zaini e usufruire di bagni e di un microonde. È uno spazio di comunità che dà voce a chi rischia di essere isolato, per far emergere bisogni e diritti”.
Il progetto non vuole fermarsi qui. Casa Rider mira a diventare un punto di riferimento per la formazione e l’informazione sui diritti del lavoro, la sicurezza sul lavoro e l’accesso ai servizi pubblici, come la sanità e la consulenza legale per le questioni legate all’immigrazione. Ma ciò che la rende unica è la sua visione a lungo termine: non solo un luogo di riposo temporaneo, ma uno spazio in cui i rider stessi possano auto-organizzarsi e trovare soluzioni collettive contro le ingiustizie del loro settore lavorativo.
La realtà dei rider a Firenze è dura. Giovani uomini, spesso soli, che passano le loro giornate in sella, sotto il sole cocente o sotto la pioggia battente, in attesa di una consegna che paga pochi euro. Sono lavoratori spesso senza tutele, per i quali anche la minima caduta o un guasto alla bicicletta possono significare una giornata di guadagni persi. L’apertura di Casa Rider rappresenta un passo avanti importante per affrontare questa situazione di sfruttamento e precarietà.
Il film La Storia di Souleymane e l’iniziativa di Casa Rider a Firenze sono strettamente legati da un filo conduttore: la battaglia per i diritti di tante persone migranti. Come Souleymane, molti rider a Firenze e in altre città italiane vivono in bilico tra la speranza di ottenere o rinnovare un riconoscimento legale e la realtà di un lavoro che li schiaccia.
Chiara di Altrodiritto sottolinea che Casa Rider non è solo un rifugio, ma un luogo di speranza: “Molti dei rider che hanno immaginato con noi lo spazio non vedono l’ora di fermarsi per un tè caldo e di parlare di argomenti che vanno oltre il lavoro. Per loro, Casa Rider rappresenta un’opportunità per sentirsi parte di una comunità, e non solo pedali solitari in una città che sembra non accorgersi di loro”.
L’iniziativa di Casa Rider si inserisce in un contesto più ampio di riflessione sul futuro delle città e delle comunità che le abitano. In una Firenze sempre più dominata dal turismo di massa, questo progetto vuole ricostruire un senso di comunità, riportando al centro le persone e i loro bisogni reali. Si oppone alla “città della rendita”, dove le disuguaglianze si amplificano, e prova a creare spazi di inclusione e solidarietà.
Il film di Lojkine e il progetto fiorentino parlano entrambi di lotta, resistenza e resilienza. Sono storie di giovani migranti che, nonostante le difficoltà, continuano a cercare un futuro migliore. E proprio in questo sta la loro forza: nella capacità di non arrendersi e di continuare a pedalare, anche quando la strada sembra tutta in salita.