La dirompente crescita demografica africana attira interessi di ogni tipo. Il continente, nel giro di pochi decenni, sarà un mercato di quasi due miliardi di persone – in gran parte giovanissime – e un territorio che continuerà a fornire materie prime tradizionali e strategiche.
La corsa all’Africa
Le grandi potenze economiche hanno strategie di penetrazione diverse: la Cina (e altre economie emergenti asiatiche) costruisce infrastrutture in cambio di concessioni minerarie. Le ex potenze coloniali europee insistono sugli investimenti di grandi aziende tradizionali, mentre le monarchie del Golfo e altri fondi sovrani del mondo arabo puntano sulla loro formidabile forza finanziaria. Gli Stati Uniti non sono esclusi da questa nuova corsa all’Africa. La loro strategia però si differenzia in modo marcato da quella dei loro rivali ed è stata esplicitata nel 2012 dall’allora presidente Obama nella Strategy Toward Sub-Saharan Africa, che stabiliva l’interesse degli Usa a collaborare con i Paesi africani per promuovere sviluppo economico, sociale e della democrazia attraverso l’uso delle nuove tecnologie. Insomma, una strategia che coinvolgeva le imprese statunitensi dell’hi-tech per allargare le loro aree di influenza, consolidare le leadership politiche amiche, e penetrare nel promettente mercato africano.
Corrente e telefoni
Poiché internet e i computer hanno bisogno di elettricità, è prioritario estendere quanto più possibile la rete elettrica. Così l’amministrazione Obama ha varato un piano chiamato “PowerAfrica”: un investimento enorme, di quasi dieci miliardi di dollari, per raddoppiare l’accesso in Africa all’energia elettrica (dove ancora oggi due persone su tre non hanno la luce). Benché i lavori procedano a rilento, i risultati cominciano a farsi vedere. Nel 2010, solo il 21% degli africani aveva accesso a internet, oggi siamo al 38%. Microsoft nel 2013 ha lanciato Microsoft4Afrika, un’iniziativa che prevedeva di portare agli africani decine di milioni di smartphone e tablet. In poco più di tre anni l’obiettivo è stato raggiunto. Microsoft ha fatto di più, ha realizzato una strategica alleanza con un rivale agguerrito, la cinese Huawei, per lanciare sul mercato uno smartphone misto, Huawei4Africa, basato su Windows Phone 8, che è stato venduto a prezzi molto contenuti in Angola, Costa d’Avorio, Kenya, Sudafrica, oltre che in alcuni Paesi del Maghreb.
Droni e connessioni
Facebook, che ha annunciato di avere già oltre 150 milioni di utenti africani, sta valutando di impiegare droni ad alta quota dotati di pannelli solari che, sorvolando le aree più remote, porteranno la connessione dove non sarebbe immaginabile averla e dove, prossimamente, sarebbe così “possibile” utilizzare uno smartphone. Anche Google ha fatto grandi progressi, tanto che, in un programma comune con l’Onu e alcune agenzie umanitarie, ha creato un sistema per sorvegliare la frontiera tra Sudan e Sud Sudan per denunciare eventuali violazioni dei confini. Il sistema è stato poi usato anche per tracciare le violenze nella Repubblica democratica del Congo e per renderle pubbliche con uno smartphone. Anche Ibm, Apple e Amazon stanno facendo colossali investimenti per penetrare in Africa, sfruttando il sostegno della diplomazia a stelle e strisce.
Insomma, gli Stati Uniti con le loro imprese leader dell’informatica e del web stanno puntando a sviluppare l’accessibilità delle nuove tecnologie a sud del Sahara per trarre vantaggi da un mercato africano che può contare su numeri enormi. Sul futuro pesano però delle incognite. La prima: Donald Trump confermerà e sosterrà PowerAfrica, indispensabile per estendere l’uso di internet? E ancora: il neopresidente renderà incompatibile la sua politica di protezionismo con i programmi lanciati da Obama?
(Raffaele Masto – Prima Pagina – Africa n°03-2017)