Le ambasciate israeliane ubicate oggi sul continente africano sono dodici e concentrate in particolare nella regione del Corno d’Africa, caratterizzata da un cospicuo volume di interscambi economici, interessi militari ed industriali. Il mutamento delle relazioni diplomatiche tra Israele e le nazioni del Corno d’Africa deve essere ricondotto alla diffusa percezione dell’Iran quale suprema minaccia regionale in continua espansione e con l’ambizione di diventare la principale potenza in quest’area geografica.
di Gabriele Mele
Complessivamente sono 12 le ambasciate israeliane ubicate sul continente africano, alle quali potrebbe essere aggiunta a breve una tredicesima, alla luce dell’annunciata normalizzazione dei rapporti diplomatici tra Khartoum e Tel Aviv sulla base degli accordi del 23 ottobre 2020. Le rappresentanze diplomatiche di Israele in Africa sono presenti in Angola, Camerun, Costa d’Avorio, Egitto, Eritrea, Etiopia, Ghana, Kenya, Nigeria, Ruanda, Senegal e Sud Africa, mentre risultano ancora assenti in nove Paesi che nello stesso continente si rifiutino di riconoscere ufficialmente lo stato ebraico. Si tratta Algeria, Comore, Gibuti, Mali, Marocco, Niger, Somalia e Tunisia.
Difatti appare evidente una specifica mappatura degli interessi israeliani nel continente ed in particolare nella regione del Corno d’Africa dove tende a concentrarsi non solo il maggior numero di ambasciate ma anche e soprattutto il più cospicuo volume relativo degli interscambi economici e degli interessi militari ed industriali. In particolare, resta assolutamente prioritario il mantenimento della sicurezza del Mar Rosso in maniera tale da poter garantire le rotte commerciali marittime in direzione di Eliat e di Suez.
Nei primi anni Settanta del XX secolo molti Paesi africani optarono per una chiusura virulenta delle relazioni diplomatiche con Israele, in seguito ai conflitti che ne avevano rappresentato le burrascose relazioni con alcuni stati arabi. D’altro canto, in Etiopia è presente un’antica comunità ebraica – i falascia – (anche falascià o falasha) sono un popolo di origine etiope e di religione ebraica presenti sin dal XV secolo), l’Etiopia aveva avviato una proficua quanto discreta collaborazione, a partire dal 1966, soprattutto sul piano militare con Tel Aviv. Per oltre trent’anni, in questo modo, le relazioni di Tel Aviv con le nazioni africane sono state ridotte ad un esiguo numero di Paesi con i quali la nazione israeliana era riuscita a salvaguardare le proprie relazioni diplomatiche, avendo comunque dovuto subire un siderale ridimensionamento degli interscambi commerciali. Successivamente a tre decadi di assenza dal continente africano, fu il primo ministro Benjamin Netanyahu il primo esponente di governo a tornare in visita ufficiale nel 2016, concentrando le tappe del suo viaggio principalmente nella regione del Corno d’Africa, e in particolar modo in Etiopia, Kenya, Ruanda e Uganda.
I rapporti tra Israele e le nazioni del Corno d’Africa in funzione anti-iraniana
In contemporanea il contenimento della potenza regionale iraniana progressivamente ha assunto un valore imprescindibile nel calcolo degli interessi geostrategici di Tel Aviv. La rinnovata capacità militare iraniana di volersi espandere verso l’Oceano Indiano ed il Mar Rosso, ha costituito un elemento di interesse prioritario per Israele, da contrastare anche tramite la normalizzazione dei propri rapporti con un numero crescente di Stati della regione, primo tra tutti il Sudan. In tale ottica è facilmente comprensibile come la priorità di queste rinnovate relazioni abbia voluto privilegiare il rafforzamento e la ricostruzione dei rapporti a livello politico-diplomatico con numerosi Paesi del Corno d’Africa.
La necessità di mettere in sicurezza dei flussi marittimi fondamentali per i porti israeliani sia nel Mar Rosso che sul Mediterraneo ha spinto da sempre Israele a proiettarsi su questa regione soprattutto grazie al rapporto privilegiato con l’Etiopia. Il Sinai, a sud tutto il mar Rosso, ed in particolar modo le coste eritree fino allo stretto strategico di Bab el Mandeb compreso tra Yemen e Gubuti, sono costantemente monitorate dai servizi israeliani.
Come annunciato il 5 novembre del 2019 dall’Ethiopian National Intelligence and Security Service (NISS), Israele ed Etiopia hanno siglato un accordo di cooperazione sul piano dell’intelligence militare, volto a fronteggiare la minaccia terroristica e cooperare nell’ambito della condivisione delle informazioni relative alla sicurezza regionale. La cooperazione, sancita dal direttore del NISS Demelash Gebremichael e dal Vice Ministro per la Sicurezza israeliano Gadi Yevarkan, viene considerata da molti analisti funzionale alla gestione della grave crisi politica e militare determinatasi nella regione del Tigray etiopico.
Scenari Futuri
Il Corno d’Africa e la regione del Golfo Persico/Arabico sono inoltre fortemente connessi in merito al piano securitario a causa della presenza perdurante di minacce e vulnerabilità comuni: conflitti armati, jihadismo transnazionale e violenza politica. A questi fattori devono essere sommate le storiche rivalità tra arabi del Golfo e Teheran e queste tensioni presenti all’interno del Consiglio di cooperazione del Golfo, le quali sono oggi percepite come una delle minacce più incombenti alla stabilità e alla pace del Corno intero. In questo contesto Tel Aviv guarda oggi con enorme interesse alla cooperazione con l’Etiopia sebbene allo stesso tempo sia preoccupata per lo sviluppo della crisi tra Etiopia ed Egitto relativa alla questione della diga del GERD, in merito alla quale Israele non vuole rischiare di generare attriti con l’Egitto. Più a sud, i rapporti tra Eritrea e Israele sono caratterizzati da un’ampia apertura in quanto l’Eritrea di Isaias Afewrki ha guardato con grande interesse alla possibilità di una partnership con Tel Aviv in particolar modo sul piano della sicurezza e delle infrastrutture.
Infine, deve essere rimarcato come la capacità politica e militare di Israele nella regione del Mar Rosso e del Corno d’Africa sia fortemente aumentata dal 2016 ad oggi andando a perseguire il duplice fine di assicurare la stabilità delle rotte commerciali dirette verso i terminali israeliani e contrastare la crescente presenza e capacità militare dell’Iran nell’Oceano Indiano e nel Mar Rosso anche con il pretesto della lotta alla pirateria in Somalia.
(Gabriele Mele – Amistades)
Bibliografia
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Sitografia
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