di Céline Camoin
La visita di Joe Biden in Angola ha segnato una nuova era di cooperazione con gli Stati Uniti, cercando di ridurre la dipendenza dalla Cina e attrarre investimenti occidentali. Tuttavia, secondo l’attivista Zola Ferreira Bambi, l’evento non ha risposto alle esigenze della popolazione e ha causato dei disagi.
La svolta è ormai sancita, l’Angola del Movimento Popolare di Liberazione dell’Angola (Mpla) – l’ex partito unico, al potere dall’indipendenza – e gli Stati Uniti, ex avversari durante la guerra civile angolana chiusa 22 anni fa, sono entrati appieno in una nuova era di cooperazione. Culmine di questo processo di avvicinamento è stato la visita del presidente uscente Joe Biden in Angola, dal 2 al 4 dicembre, prima visita in assoluto di un capo di Stato americano nel Paese africano, e grande successo diplomatico per il presidente Joao Lourenço.
Cosa significa questa visita dal punto di vista geopolitico, economico, e come l’ha percepita la società civile e la popolazione angolana in generale? Porterà reali cambiamenti in positivo per il futuro del Paese? Lo abbiamo chiesto a un attivista della società civile, l’avvocato Zola Ferreira Bambi, responsabile dell’Osservatorio per la coesione sociale e la giustizia, che ha potuto assistere al discorso di Biden del 3 dicembre davanti al Museo della Schiavitù di Luanda.
La visita di Biden, secondo Ferreira Bambi, giunge in una fase di crisi molto acuta per l’Angola, che sperimenta tassi di povertà, difficoltà economica e deriva antidemocratica molto allarmanti. “Il cambiamento attuale – sostiene – è dovuto essenzialmente all’attuale contesto di crisi politica ed economica che attraversa il Paese e al deterioramento della sua immagine, alla necessità di rilanciare l’economia, nonché alla necessità di ottenere nuovi finanziamenti e valute estere. La società angolana comincia a mettere in discussione le condizioni dei prestiti della Cina che, in assenza di trasparenza, ha fatto aumentare la corruzione al punto da sembrare istituzionalizzata. Ciò ha generato insicurezza a tutti i livelli, tra cui la mancanza di sicurezza giuridica che spaventa le imprese serie provenienti dall’Occidente”.
La Russia, tradizionale partner politico e militare, attualmente non offre nulla per colmare questo vuoto, poiché il Paese ha anche un elevato debito estero. “L’opportunista Mpla – prosegue Ferreira Bambi – ha deciso di scommettere sull’Occidente, in particolare sugli Stati Uniti, anche se sa che Russia e Cina non apprezzano questo approccio. L’obiettivo è presentare al Paese l’idea di aver trovato un’alternativa per risolvere il problema della crisi. E d’altra parte, convincere l’Occidente a erogare nuovi fondi, riuscire ad attrarre una vera classe di nuovi investitori stranieri diversi da quelli cinesi, incapaci sul piano lavorativo di contribuire a risolvere il problema occupazionale o di capitalizzare realmente le imprese”.
L’Mpla, ricorda il difensore dei diritti umani, “è un partito politico con un passato marxista e non ha mai avuto una tendenza democratica. Inizialmente governò il Paese con il pugno di ferro come partito unico con l’aiuto del blocco socialista, in particolare dell’Unione Sovietica. Dopo la caduta del Muro di Berlino e la disintegrazione dell’Unione Sovietica, non è restato che il sostegno della Russia, che ha sempre fornito tutto il necessario in campo militare, motivo di questa storica alleanza”.
Per quanto riguarda Joe Biden, è stato sin dal suo arrivo alla Casa Bianca corteggiato da Joao Lourenço e dall’Mpla. In primo luogo, secondo Ferreira Bambi, per ottenere facilitazioni economiche e commerciali. Secondo, per fare in modo che le imprese americane sostituissero i pochi uomini d’affari occidentali che avevano lasciato il Paese. Terzo: per aumentare la credibilità del Paese nel mondo, come spazio dove investire negli affari, e anche come alternativa alla Cina, che cominciava a esitare a dare più valuta imponendo invece condizioni che prima non imponeva. Infine: riposizionarsi sul lato ovest perché meglio adeguato al contesto.
“Tutto questo non ha funzionato” sostiene però Ferreira Bambi. “Durante il mandato di Biden sono stati spesi molti soldi in attività di lobbying. Lourenço voleva svolgere un ruolo di primo piano nella regione dei Grandi Laghi, come mediatore e negoziatore di conflitti, e ha ottenuto questo ruolo grazie al sostegno del americani. Gli americani, dal canto loro, hanno anche approfittato per negoziare la loro posizione nel Corridoio di Lobito per allontanare la Cina dal controllo e dallo sfruttamento delle miniere strategiche e dall’egemonia nella regione”.
Con l’arrivo di Donald Trump alla presidenza, tutto questo queste promesse e questi impegni hanno poche possibilità di essere mantenute sostiene l’avvocato. “Nessuno garantisce che Trump rispetterà gli impegni presi da Biden. La visita era necessaria a Lourenço per guadagnare punti a livello nazionale e regionale, e soprattutto per sfruttare la giustificazione secondo cui i suoi viaggi eccessivi non erano solo turismo, ma sono riusciti ad attirare Biden”.
L’opinione pubblica angolana, in generale, ha considerato la visita di Biden come una semplice cortesia. E ciò non ha avuto l’impatto previsto sul contesto politico, economico e sociale. Le maggiori preoccupazioni della società non rientravano nell’agenda di Biden o di Lourenço.
Inoltre la visita, è ancora il parere dell’interlocutore di Africa, è stata accompagnata da molte restrizioni alla libertà. Ostacoli alla circolazione, ai raggruppamenti di persone, nel timore di assistere a manifestazioni preannunciate da alcuni settori, chiusura per due giorni di aziende pubbliche e private, disagi vari, confinamenti, ingorghi con conseguenze per persone ammalate senza accesso agli ospedali.
Chiudendo però su una nota positiva, Zola Ferreira Bambi auspica che se questa cooperazione avrà luogo, sarà una porta aperta per la lotta alla corruzione e per una maggiore trasparenza nell’uso dei finanziamenti, nonché una piattaforma per una migliore applicazione dei valori democratici e dei diritti umani.
Zola Ferreira Bambi è impegnato da più di 10 anni nella difesa dei diritti umani, ed è regolarmente vittima di vessazioni da parte delle autorità angolane. È presidente dell’Osservatorio per la coesione sociale e la giustizia in Angola, che promuove i diritti individuali. Denuncia in particolare la mancanza di indipendenza del potere giudiziario e le procedure arbitrarie in Angola.