Centinaia di specie di uccelli compiono migrazioni stagionali, coprendo distanze enormi, spinti da impulsi irrefrenabili. Gli scienziati hanno individuato le origini di questa attività e l’inaspettata capacità dei volatili di “imparare” dai viaggi
Nei cieli dell’Africa molte specie di uccelli sono migratrici, cioè si spostano stagionalmente, migrando da un preciso luogo ad un altro per accoppiarsi, nidificare e riprodursi, per poi tornare al luogo d’origine. Cicogne, poiane, cuculi, martin pescatori e dozzine di altre specie intraprendono ogni anno il loro epico viaggio, sfidando senza la minima esitazione distanze e pericoli. Con l’arrivo dell’estate australe e delle piogge, gli alberi si animano dei richiami dei cuculi: il regolare canto del cuculo pettorosso (Cuculus solitarious) o il pungente richiamo del cuculo beccogrosso (Pachycoccyx audeberti) e i prati si colorano del piumaggio bianco e nero delle cicogne di Abdim (Ciconia abdimii). Alcuni si spostano semplicemente verso differenti altitudine (migratori altitudinali), altri migrano attraverso il continente africano (migrazione intra-africana), come il martin pescatore boschereccio (Halcyon senegaan lensis), che si sposta dal nord Africa all’Africa meridionale, arrivando in Zimbabwe verso ottobre/novembre, dove il suo caratteristico canto si ode in tutta la valle dello Zambesi. Altri ancora, invece, compiono viaggi più lunghi, partendo dalle regioni più meridionali dell’Africa per raggiungere le più settentrionali del continente europeo o asiatico (migratori paleartici). È il caso dei cuculi o di alcune aquile e poiane, come la poiana delle steppe (Buteo buteo vulpinus), o delle più note cicogne, come la cicogna bianca (Ciconia ciconia), i quali compiono viaggi di migliaia di chilometri tra un continente e l’altro, sorvolando il deserto del Sahara ed il mar Mediterraneo. Alcuni migratori paleartici coprono comunemente distanze intorno ai settemila chilometri, altri, come la sterna codalunga (Sterna paradisaea), compiono un eccezionale viaggio di cinquantamila chilometri!
L’impulso a migrare, negli uccelli, è qualcosa di irresistibile, scatenato da complessi mutamenti fisiologici indotti dai cambiamenti nella durata del giorno, nel clima e nelle temperature, nonché, in alcuni casi, dall’incremento della pressione dei predatori o dei parassiti o dalla riduzione delle risorse, come la disponibilità di cibo. Le cause fisiologiche sono principalmente attribuibili ad una iperattività delle gonadi, che stimola una forte produzione ormonale, preparando gli uccelli al lungo viaggio. L’iper-attività ormonale, infatti, stimola l’iperfagia, cioè l’incremento dell’alimentazione a livelli che possono portare ad un aumento del peso corporeo (non tale da compromettere l’abilità di volo) fino al 50% nelle specie più piccole, sotto forma di grassi.
Inseguire le correnti
Durante la migrazione, alcune specie di uccelli volano con il classico sbatter d’ali: sono queste, in genere, le specie di piccole dimensioni, come passeri e rondini. Altre, invece, caratterizzate da dimensioni più grandi, tendono a sfruttare le correnti termiche ascensionali, create dal riscaldamento dell’aria per effetto dell’irradiazione solare e della riflessione del terreno. Questa particolare tecnica comporta un notevole risparmio energetico, il quale può raggiungere anche il 75%, perché l’uccello, seguendo la corrente ascensionale, vola utilizzando le ali come una vela, senza doverle sbattere per sostenersi: un po’ come andare in bicicletta in discesa. Tuttavia, questa tecnica costringe i migratori a seguire rotte lungo la terraferma (le correnti ascensionali si sviluppano sulle zone continentali), legandoli a rotte più lunghe ed elaborate di quelle dei piccoli migratori. Inoltre, la migrazione è limitata alle ore diurne, quando il sole riscalda l’aria. I piccoli uccelli, invece, pur spendendo più energie nella tecnica di volo, compiono rotte più dirette quindi più brevi, che permettono loro di attraversare mari e deserti seguendo la via più corta.
Piani di volo
In genere, gli uccelli migratori atterrano regolarmente per riposarsi e alimentarsi, ma anche in questo, si differenziano a seconda della specie, delle dimensioni, della dieta e della tecnica di volo. I grandi uccelli veleggiatori decollano al mattino, quando il sole sorge ed inizia a riscaldare la terra e l’aria, creando le correnti ascensionali, sfruttando le correnti per tutto il giorno ed atterrando al tramonto. Molti piccoli uccelli, invece preferiscono volare di notte, quando le temperature scendono e la disidratazione è minore. I piccoli uccelli insettivori riescono a nutrirsi in volo, mentre i consumatori di semi, le cicogne e i rapaci sono costretti ad atterrare. Ma come fanno gli uccelli migratori a trovare la strada, a raggiungere ogni anno lo stesso luogo di riproduzione e a tornare immancabilmente a casa senza perdersi? Per noi umani, che talvolta ci perdiamo anche in città, questo rappresenta sicuramente l’aspetto più misterioso ed affascinante della migrazione degli uccelli.
L’esperienza del viaggio
Come in tutti gli animali più evoluti, il comportamento è il risultato di una componente istintiva e di una componente di apprendimento, caratteristiche che si riflettono anche nell’attività migratoria: gli uccelli seguono un istinto innato, ma apprendono anche dagli individui più anziani. Per orientarsi, utilizzano la posizione del sole, quella delle stelle, i venti prevalenti, il geomagnetismo e le forze inerziali, così come riferimenti topografici, odori e suoni. Alcuni di questi elementi sono dettati dall’istinto, ma altri, come i riferimenti del terreno vengono appresi dagli individui più anziani che guidano la migrazione compiuta decine di altre volte.
Un aspetto affascinante degli uccelli migratori è il loro “orologio interno”, capace di determinare con precisione l’ora del giorno e, di conseguenza, di orientarsi attraverso il sole e le stelle, la cui posizione varia costantemente nel tempo. Questa abilità, unitamente alla capacità di percepire il campo magnetico terrestre, fornisce ai migratori una “bussola” naturale, attraverso la quale possono trovare la direzione. In pratica, possiamo affermare che l’istinto e le innate capacità di sfruttare campi magnetici e senso del tempo, consentono agli uccelli di orientarsi, ma i riferimenti geografici e l’esperienza permettono loro di trovare la strada, quindi di navigare verso le loro mete e ritornare, ogni volta, a casa. Creature affascinanti che dovremmo osservare più spesso e con più rispetto, nell’attesa di poter tornare presto a viaggiare verso le nostre consuete mete o magari verso nuove destinazioni.
(Gianni Bauce) – L’autore dell’articolo, esperto di fauna africana, è l’accompagnatore del nostro viaggio in Zimbabwe. Leggi il programma!