Il continente africano inizia a muovere i primi passi lungo la strada della produzione locale di vaccini anti-covid. A rendersi conto dell’importanza di creare vaccini made in Africa sono i leader di diverse nazioni sottolineando che la strategia della sola importazione “non è valida” per far fronte a una pandemia.
Una presa di coscienza che potrebbe fare la differenza. “Abbiamo le risorse umane, abbiamo il know-how; abbiamo la capacità intellettuale, ma non abbiamo la volontà politica di mobilitare le risorse per realizzarlo”, ha affermato poco tempo fa il dottor Christian Happi, professore di biologia molecolare e genomica e direttore dell’African Center of Excellence for Genomics of Infectious Diseases (Acegid) alla Redeemer’s University in Nigeria affrontando la questione della mancata produzione di vaccini in Africa.
Sulla scia della nuova consapevolezza l’Unione africana, in collaborazione con il Centro africano per il controllo delle malattie (Africa Cdc), ha avviato una conferenza virtuale di alto livello di due giorni – 12 e 13 aprile – per discutere di “Sviluppo e produzione di vaccini africani per la sicurezza sanitaria“. La conferenza era stata annunciata dal direttore dell’Africa Cdc, John Nkengasong, tramite il suo account Twitter. E sempre su Twitter ha scritto: “dobbiamo rimuovere le potenziali barriere alla produzione di vaccini in Africa”.
Alla conferenza hanno partecipato, oltre a diversi capi di Stato, autorità regionali e internazionali come la leader dell’Organizzazione mondiale del commercio, Ngozi Okonjo Iweala, con l’obiettivo di portare il tasso di importazione al 40%, a fronte dell’attuale 99%. La pandemia ha infatti messo in luce il gap critico nella produzione di vaccini in Africa, che rappresenta il 26% della popolazione mondiale ma ha meno dello 0,1% della produzione mondiale di vaccini.
Oltre ai propositi e alle discussioni avviate, iniziano ad arrivare anche i primi segnali che rendono più tangibile l’idea di produrre vaccini anti-covid africani. Il Senegal, per esempio, sosterrà l’Istituto Pasteur di Dakar nel suo progetto per la produzione di vaccini contro il covid-19 entro l’inizio del 2022: lo ha annunciato ieri il ministro della Salute e dell’Azione sociale, Abdoulaye Diouf Sarr, intervenendo, a nome del presidente della Repubblica, all’incontro virtuale. “Nel contesto della carenza globale di vaccini Covid-19, lo Stato del Senegal sosterrà, con la Francia, il Team Europa e la Banca Europea per gli Investimenti (Bei) e altri partner, la realizzazione del progetto di produzione dei vaccini covid-19 a Dakar entro l’inizio del 2022”.
Diouf Sarr ha ricordato che l’Istituto Pasteur di Dakar, produttore prequalificato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità dal 1966 del vaccino contro la febbre gialla, ha l’esperienza per costruire la produzione regionale seguendo. “Continueremo le promettenti discussioni avviate con il Sudafrica e siamo aperti ad altre collaborazioni, in uno spirito di rispettoso partenariato e scambio tra pari. Perché siamo tutti umili di fronte a questa pandemia”, ha aggiunto.
Segnali positivi arrivano anche dal Ghana: l’ambasciatore tedesco nel Paese dell’Africa occidentale, Christoph Retzlaff, ha annunciato che la Germania offrirà supporto alla nazione per condurre uno studio di fattibilità sulla possibile produzione di vaccini contro il covid-19 in loco. Il diplomatico lo ha reso noto in un tweet spiegando che alcune importanti aziende farmaceutiche tedesche hanno già avviato progetti di cooperazione nel Paese africano. “La Germania sta sostenendo il Ghana per fare uno studio di fattibilità sulla produzione di vaccini. Anche le principali aziende farmaceutiche tedesche a livello mondiale stanno avviando progetti di cooperazione”, è quanto recita il tweet. Il Paese dell’Africa occidentale è stato, lo scorso 24 febbraio, il primo nel continente a ricevere le dosi di vaccino contro il coronavirus attraverso il programma Covax.
Una produzione africana quanto mai necessaria se si pensa che in termini di vaccini l’Africa ha potuto per ora contare solo sul programma Covax dell’Organizzazione mondiale della sanità e su alcune donazioni da parte di altri Paesi facendo i conti anche con ritardi nella consegna dei lotti. Alcuni Stati africani potrebbero infatti affrontare ritardi nel lancio delle loro campagne, poiché hanno esaurito le forniture iniziali, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e i Centri Africani per il Controllo delle Malattie (Africa Cdc). Nel frattempo, come precisa Bbc, entrambe le organizzazioni hanno raccomandato che il vaccino di AstraZeneca continui ad essere usato.
Le consegne delle forniture di vaccino nell’ambito del programma Covax sono iniziate a febbraio, ma molti Paesi in Africa che si sono iscritti non hanno ricevuto le dosi di vaccino. Il programma mira a fornire 600 milioni di dosi all’Africa, sufficienti a vaccinare almeno il 20% della popolazione. L’iniziativa Covax ha finora consegnato più di 16 milioni di dosi di vaccino a 31 paesi africani, secondo l’Africa Cdc. Ma il capo dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus ha detto che “la maggior parte dei Paesi africani non ha abbastanza vaccini per coprire tutti gli operatori sanitari o tutti i gruppi a rischio“. A ciò si aggiunge la preoccupazione che le nazioni che hanno ricevuto le spedizioni iniziali sotto Covax potrebbero presto essere a corto di dosi.
Nel frattempo, alcuni Paesi dell’Africa hanno fatto acquisti diretti dai produttori, o hanno ricevuto donazioni di lotti da Cina, Russia, India ed Emirati Arabi Uniti. Secondo i dati delle Nazioni Unite la Cina ha donato i suoi vaccini a 16 Paesi africani, e l’India a 15.
Così, mentre anche il vaccino Johnson&Johnson inizia a suscitare i primi dubbi, come successo con AstraZeneca, l’Africa sembra rimboccarsi le maniche. E forse, anche questa volta, saprà stupirci.
(Stefania Ragusa – Valentina Giulia Milani)