Non si fermano, in Algeria, le proteste contro il presidente Abdelaziz Bouteflika, da 20 anni pervicacemente attaccato al potere ma ormai così vecchio e malato da apparire poco più che un fantoccio mosso da mani ciniche ed esperte.
La mobilitazione ha acquisito intanto un respiro internazionale. In Francia, soprattutto, dove la diaspora algerina, per ovvie ragioni storiche, è numerosa e radicata, tanto da indurre una testata come Libération a dedicare alla questione l’ultimo numero di Le P’tit Libé, il suo settimanale dedicato ai ragazzi.
Anche in italia però c’è fermento. Nel nostro Paese la presenza algerina è contenuta: meno di 20mila persone, secondo i più recenti dati Istat. In termini percentuali, lo 0,39% della popolazione straniera residente. Le comunità più nutrite si trovano in Campania e Lombardia. Ed è proprio nel capoluogo lombardo, in piazza Oberdan, che, ogni sabato pomeriggio, uomini, donne, ragazzi e bambini si danno appuntamento per manifestare.
Le foto che pubblichiamo si riferiscono all’ultimo presidio, tenutosi – per un caso fortunato – in coincidenza con l’avvio del Festival del Cinema Africano. Mentre all’interno dell’ex casello di Porta Venezia veniva inaugurata la mostra dell’artista italosenegalese Adji Deye, nella piazza di fronte gli algerini scandivano slogan, cantavano, spiegavano le loro ragioni.
Non erano tanti, forse una cinquantina, ma la cosa che colpiva immediatamente era la loro trasversalità: persone di tutte le età, donne velate e no, adolescenti, bambini in passeggino. Nella piazza si parlava arabo, berbero, italiano, all’occorrenza inglese e francese. A chiacchierare con noi (in perfetto italiano) si sono fermate delle giovani studentesse, nate in Lombardia e in attesa di cittadinanza, ragazze che hanno mantenuto un legame col paese dei genitori e ogni anno vanno in Algeria in vacanza con le famiglie, ragazze decisamente informate sui fatti e determinate a non indietreggiare, a non farsi portare via dalle mani la loro battaglia.