di Céline Camoin
Lanciano l’allarme sullo stato delle libertà democratiche in tutto il Grande Maghreb 33 organizzazioni e più di duecento personalità nordafricane, firmatarie di un testo pubblicato contemporaneamente dalle testate indipendenti Le Matin d’Algérie, Maghreb Emergent, Mediapart e Lakome.
“Sembra che i sogni dei popoli della regione siano oggi svaniti, dopo la speranza suscitata da quella che è stata definita la “Primavera Araba”, che ha coinvolto, in misura diversa, Tunisia, Egitto, Libia, Marocco poi, in seguito, Algeria, il cui Hirak è riuscito non solo a cancellare il rinnovo per un quinto mandato di un presidente malato, sfinito e assente dalla scena politica, ma anche a rivendicare per mesi libertà, giustizia, pluralità e democrazia”, si legge.
Il testo collettivo invita le forze intellettuali, associative e politiche a manifestare la loro “solidarietà a tutti i prigionieri di coscienza, i repressi e gli emarginati della regione”.
Al di là dell’analisi delle ripercussioni della transizione democratica in Tunisia dopo il 25 luglio 2021, o delle cause della guerra civile e delle ingerenze straniere in Libia, o delle crescenti violazioni dei diritti e delle libertà a seguito delle elezioni algerine, o dell’uso da parte dello Stato marocchino delle “tecniche subdole” di un codice penale obsoleto e contestato, campagne di molestie e diffamazione per reprimere ulteriormente la società civile e i giornalisti indipendenti, o addirittura attacchi alle libertà in Mauritania – si legge nel testo – siamo oggi chiamati, come attivisti di associazioni, sindacalisti e politici, intellettuali e artisti nello spazio del Maghreb e altrove, a un maggiore coordinamento e solidarietà per “rivitalizzare e difendere slogan di un Maghreb dei popoli che rivendica libertà, uguaglianza, giustizia, pluralità e democrazia”.
I firmatari invitano a “unificare le forze maghrebine, civili e politiche, per affrontare l’oppressione e impegnarsi, attraverso azioni comuni, in solidarietà con tutti i detenuti, i repressi, gli emarginati: dichiarazioni, seminari, incontri e manifestazioni”; “denunciare tutte le aggressioni e le violazioni dei diritti e delle libertà perpetrate dalle autorità in ciascuno dei Paesi del Maghreb, considerandole come un’aggressione contro tutti i popoli della regione”.
Gli attivisti ricordano alcuni casi emblematici di detenuti che considerano ingiustamente presi nelle reti della giustizia: dall’Algeria, Ihsane El Kadi, direttore di Radio M e Maghreb Emergent, e dirigenti di organizzazioni disciolte (Rassemblement action Jeunesse-Raj, Lega algerina per la difesa dei diritti umani-LADDH) o sospese (Partito socialista dei lavoratori-Pst); dal Marocco, lo storico Maati Monjib, in libertà vigilata e interdetto all’espatrio, i parenti dei giornalisti detenuti Omar Radi e Souleymane Raissouni, e Nacer Zefzafi, condannato a vent’anni di reclusione; dalla Tunisia, Cheima Issa e Jawher Ben Mbark, membri del Fronte di Salvezza Nazionale, perseguiti per le loro opinioni.