Di lui abbiamo presentato, all’inizio dell’anno, Culo nero. Questa volta lo scrittore nigeriano è passato dal romanzo al racconto, un genere glorioso ma stranamente ostico per il pubblico, almeno quello italiano (ci è voluto un Nobel, quello alla canadese Alice Munronel 2013, per “riabilitare” questa forma di narrazione breve). Nove storie, tutte ambientate a “Poteko” – ossia Lagos o dintorni – e una a Nairobi, dove il protagonista, narrante in prima persona, è comunque nigeriano. Ambienti sociali diversi, sentimenti (quando arrivano a essere sentimenti) sommessi o gridati, personaggi di ogni età e dai vissuti svariati, accomunati, forse, dall’amore che svetta nel titolo.
Ma dove l’autore sembra dare il meglio di sé in questa sua commedia umana è negli olori, sapori, umori e rumori che dissemina a piene mani tra le pagine, senza temere, anche, la sgradevolezza. Una scrittura materica che fa essere il lettore “lì”, e da cui trasudano e tenerezza e critica sociale. Un rapporto con Poteko, la Nigeria urbana, che richiama quello doloroso di Ken Saro-Wiwa sempre con lo stesso Paese, per esempio in un poema che inizia con un «c’è sempre la stessa confusione/ Dal mattino alla notte un sacco di casino…/ Anche una pentola veramente annerita/ può diventare pulita a forza di lavarla/ Non è così per questa Nigeria…».
66thand2nd, 2018, pp. 251, € 16,00
(Pier Maria Mazzola)