Inizia a scottare il terreno sotto i piedi di Jacob Zuma, il Presidente del Sudafrica. Una delegazione di cinque tra i più importanti notabili del suo partito, l’African National Congress, ieri si sono recati a casa sua per convincerlo a dimettersi. Lui ha rifiutato. Ma delle sue dimissioni si riparlerà oggi quando in Parlamento sarà presentata una mozione che ne chiede l’impeachment.
Di fronte a una tale mozione come si comporterà l’Anc? Continuerà a sostenere il suo leader? O lo abbandonerà al suo destino? Il fatto che nella delegazione che ha visitato Zuma e gli ha chiesto di lasciare ci fossero il Vicepresidente del Paese, Cyril Ramaphosa, e il Segretario generale, Gwede Mantashe, fa sospettare che l’Anc non sarà più così compatta dietro il Presidente.
L’invito rivolto a Zuma a dimettersi arriva sulla scia della sentenza di condanna della Corte costituzionale sudafricana, emessa giovedì 30 marzo, che impone al Presidente di restituire allo Stato i fondi pubblici utilizzati per la ristrutturazione della sua residenza privata. Inizialmente Zuma si era rifiutato di renderli ma, dopo la condanna, ha fatto marcia indietro e, oltre a scusarsi, ha promesso di rimborsare i fondi come indicato dal giudice.
Se all’interno dell’Anc la tensione è forte, i partiti di opposizione soffiano sul fuoco e hanno a più riprese chiesto che Zuma si dimetta, indipendentemente dalla fiducia che può o meno accordargli il suo partito. Le parole più dure sono però arrivate da Ahmed Kathrada, un compagno di Nelson Mandela, che in una lettera aperta ha definito la situazione come «dolorosa» e ha letteralmente implorato Zuma a dimettersi.