La migrazione verso le città ha cambiato le società africane. Protagoniste di questa rivoluzione sono le donne, che nelle aree urbane hanno ottenuto un’emancipazione nuova. Nonostante la loro condizione sia particolarmente fragile in alcuni quartieri, sono una speranza per il futuro. Da quelle diventate sindaco a coloro che lottano per il diritto alla casa: le donne delle città sono coraggiose e incorruttibili.
di Federico Monica
Maimouna, Bahati, Jagua Nana, sono alcune fra le più celebri protagoniste di romanzi della letteratura africana pre-indipendenza accomunate da un simile destino: una volta arrivate in città dal villaggio in cerca di fortuna perdono la loro “innocenza” e sono trascinate nel degrado e nella corruzione.
Sicuramente la migrazione dai villaggi rurali alla città è stata un punto di rottura importante che nel bene o nel male ha sconvolto le società tradizionali e i loro riferimenti e sistemi di pensiero consolidati da secoli.
Se nella lettura moralista di alcuni autori dell’epoca questo processo ha determinato la perdita di valori fondamentali è anche vero che per molte donne l’allontanamento dalla realtà immobile dei villaggi e delle società tradizionali ha rappresentato un passo fondamentale verso una maggiore emancipazione.
Un esempio di leadership
Città come regno della corruzione o come icona di libertà? Come sempre è impossibile dare risposte nette a realtà dinamiche e in costante evoluzione, di certo la migrazione urbana è una tappa importante del percorso verso l’uguaglianza di genere. Un percorso non lineare, non semplice e ancora lungo ma che appare sempre più inesorabile e inevitabile anche grazie ad esempi illustri di leadership.
Da Tunisi a Dakar passando per Banjul sono diverse le grandi città che hanno eletto una donna alla carica di sindaco, beneficiando spesso di un radicale rinnovamento nelle politiche urbane. Il caso più eclatante è quello di Freetown, la complessa capitale della Sierra Leone a cui la sindaca Yvonne Aki Sawyerr (nella foto sotto) sta cercando di cambiare volto con un ambiziosissimo programma chiamato proprio Transform Freetown.
In prima fila nel promuovere e partecipare a iniziative dal basso per la gestione dei rifiuti, la pulizia delle strade o la piantumazione di nuovi alberi la sindaca ha avviato un rinnovamento profondo tanto da ottenere un posto nella lista delle 100 donne più influenti del 2020 redatta dalla BBC.
Storie di cambiamento e di successo che ispirano e che lasciano ben sperare anche se le statistiche e le analisi specialistiche sui temi della Gender equity raccontano un altro lato della medaglia: quello di una disparità estremamente evidente in molti contesti politici o lavorativi e soprattutto quello di una quotidianità difficile e ricca di insidie.
Il rovescio della medaglia
La condizione delle donne è particolarmente fragile nelle aree urbane più problematiche delle città, dove la povertà generalizzata, l’assenza di servizi essenziali e la microcriminalità diffusa spesso si sovrappongono.
In diversi slum di Nairobi ad esempio la grande maggioranza dei nuclei famigliari sono monoparentali, spesso costituiti da donne sole con figli da mantenere. Una situazione che costringe ad inventarsi lavori saltuari a giornata, legati all’economia informale, o in casi estremi a ricorrere alla prostituzione.
Altre ricerche in Nigeria o Sudafrica evidenziano invece l’incidenza preoccupante della violenza domestica e degli stupri, aggravata dalla mancanza di fiducia verso le istituzioni che porta a non denunciare gli abusi subiti, e dalle condizioni ambientali di alcuni quartieri.
Ad esempio la mancanza di bagni privati o in prossimità delle case che caratterizza molti quartieri informali oltre a costituire un problema sanitario rilevante ha un grosso impatto sulla privacy e sulla sicurezza personale: i casi di aggressioni notturne soprattutto nelle aree senza un’illuminazione sono frequenti, tanto che molte donne per evitare rischi sono costrette ad attendere l’alba per servirsi dei bagni.
Luci di speranza
In questa quotidianità difficile si nascondono però anche segni di rinnovamento e speranza: negli slum della stessa Nairobi sono proprio i gruppi femminili i più agguerriti organizzatori dei movimenti per il diritto alla casa e per la richiesta di infrastrutture e servizi più dignitosi. Allo stesso tempo sono donne molti dei community leaders più apprezzati e autorevoli: determinate, preparate e molto meno corruttibili dei loro colleghi uomini.
Le analisi sui progetti di microcredito raccontano che il successo dei progetti è sensibilmente maggiore quando i beneficiari sono donne o gruppi femminili, così come nei sistemi tradizionali di redistribuzione dei redditi e prestiti a rotazione.
Per questo motivo l’obiettivo di raggiungere un’uguaglianza di genere a livello economico, sociale e politico non rappresenta solo una battaglia per i diritti umani ma è anche un passo fondamentale per ottenere città e società più inclusive, prospere ed efficienti.
(Federico Monica, autore dell’articolo, sarà relatore del seminario, organizzato dalla rivista Africa, “L’Africa delle città”, in programma a Milano e in streaming il 27 e 28 marzo 2021. Per info e prenotazioni, clicca qui)
Foto di apertura: Yasuyoshi Chiba /Afp