di Claudia Volonterio
Si è tenuta nei giorni scorsi la Giornata internazionale dell’aborto sicuro, in occasione della quale donne, attiviste in tutto il mondo sono scese nelle piazze per far valere i propri diritti. Uno dei casi più emblematici per il continente ha visto protagonista il Marocco. Nel Paese del Nord Africa le donne hanno manifestato davanti al Parlamento di Rabat. “Avere un figlio – hanno detto a gran voce le manifestanti – deve essere una scelta”.
Un’ondata di indignazione ha travolto l’opinione pubblica del Paese in queste settimane in seguito alla tragedia che ha colpito Meriem, una quattordicenne vittima di violenze sessuali, morta a causa di un aborto clandestino. Il suo caso è, purtroppo, indicativo di un problema esteso, che forse nemmeno i numeri sono in grado di riportare pienamente. In Marocco, dove l’aborto è illegale ed è punibile con la reclusione fino a cinque anni, tranne nei casi in cui la salute della donna sia in pericolo, ci sono più di 800 casi di aborti clandestini ogni giorno spiega Samira Mohia, capo della Lega federale per i diritti delle donne in Marocco. “La situazione di clandestinità è pericolosa per la salute delle donne nonostante queste operazioni siano eseguite da operatori sanitari, senza dimenticare gli aborti “tradizionali” che vengono fatti attraverso pratiche popolari come fantomatiche erbe, a cui ricorrono le donne che vivono in situazioni fragili”. Decine di migliaia di donne muoiono ogni anno per complicazioni derivanti da pratiche non sicure per interrompere una gravidanza.
Di fronte a centinaia di aborti clandestini eseguiti quotidianamente, nel 2015 il governo marocchino aveva discusso la necessità di rivedere la legislazione, riporta Africanews. Una commissione ufficiale ha disposto che l’interruzione delle gravidanze fosse legalizzata in circostanze speciali, ma negli anni non è seguita alcuna riforma, nonostante le pressioni degli attivisti per i diritti delle donne.
Il diritto all’aborto è una questione quanto mai attuale in Africa e non solo. A luglio Julius Maada Bio, presidente della Sierra Leone ha annunciato che il suo governo tenterà di nuovo di far passare una legge per legalizzare l’aborto, in un momento in cui “i diritti riproduttivi sessuali delle donne sono sotto attacco”. Negli ultimi dieci anni, almeno nove paesi africani hanno cercato di allentare le leggi punitive sull’aborto, come riporta il giornale “Foreign Policy”: Mali, Togo, Ciad, Niger, Mauritius, Somalia e São Tomé e Príncipe. Quest’ultimo è passato da un divieto assoluto a consentire l’accesso illimitato nel 2012. Dal 2018, il governo della Repubblica Democratica del Congo ha ampliato i progetti volti a migliorare l’accesso all’aborto sicuro.
Ma tanti sono ancora i passi da fare, soprattutto se si pensa al peso e alle ripercussioni attuali e future di quanto è accaduto negli Stati Uniti a maggio, quando la Corte Suprema degli Stati Uniti ha messo in discussione la Roe v. Wade, la storica decisione del 1973 che ha stabilito il diritto costituzionale all’aborto.