Il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa, rieletto il 15 giugno dal Parlamento per un secondo mandato, ha insediato un inedito governo di unità nazionale composto da 11 partiti e guidato dall’African National Congress (Anc, al potere
dal 1994), che alle elezioni del 25 maggio aveva registrato il peggior risultato di sempre scendendo al 40%, e dalla Democratic Alliance (uscita seconda dalle urne), partito di ispirazione liberale associato alla minoranza bianca del Paese. Per la prima volta dalla fine dell’apartheid, l’Anc è stato costretto a trovare degli alleati per formare una maggioranza. Dal nuovo esecutivo sono stati esclusi due partiti considerati radicali e populisti: l’uMkhonto weSizwe (Mk, dal nome del vecchio braccio armato dell’Anc) – fondato dall’ex presidente Jacob Zuma, costretto a dimettersi per scandali finanziari –, arrivato terzo con il 14,7% dei voti, e gli Economic Freedom Fighters (Eff), guidati da un altro controverso leader, Julius Malema. Nella foto, una panchina con una statua di Nelson Mandela a Port Elizabeth – Foto di Sven Torfinn/ Panos.
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