“La sfida dell’inculturazione” è il sottotitolo che viene a precisare un titolo altrimenti troppo generico. Ma neppure questo è sufficiente. La peculiarità di questo libro sta infatti nel cercare di mettere a confronto la missione cristiana in Africa (in particolare cattolica, ma non solo) con la “missione” islamica – e qui le virgolette sono d’obbligo, poiché la da’wa non è esattamente simmetrica all’evangelizzazione. È comunque vero che diversi contributi – trattasi degli atti della 37^ Settimana di Storia Religiosa euro-mediterranea, promossa in ambito ambrosiano – non entrano nel merito di una lettura sinottica delle missioni delle due religioni e si soffermano su casi di studio riguardanti soprattutto la Chiesa cattolica sotto il profilo dell’inculturazione. Di particolare interesse e originalità, scarseggiando la letteratura sull’argomento, sono gli interventi riguardanti l’arte sacra africana; come dire: questo è un terreno su cui manca, sul versante islamico, qualsiasi possibilità di raffronto. Anche se pure qui ci si può imbattere in qualche sorpresa: è il caso delle porte della chiesa del monastero delle benedettine di Toffo, il più ricco esempio di architettura cristiana inculturata in Benin. Ebbene, chi le ha scolpite si chiama Tidjani, ed è un musulmano.
Gli autori sono tutti di primo piano, professori in Europa o negli Stati Uniti e diversi africani. Per fare qualche nome, oltre a quelli dei curatori: Maurice Borrmans, Claude Prudhomme, Erik Cakpo. Tutti si esprimono con franchezza (e, anche nel libro, con la propria lingua: italiano, francese o inglese): come il teologo ugandese Emmanuel Katongole, che esprime le sue riserve sulla nozione di “nuova evangelizzazione” propugnata da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, e sostiene che la crisi in Africa è di carattere politico ben più che culturale; o come lo storico Gianpaolo Romanato, un ammiratore della figura di Daniele Comboni, che però non nasconde che il santo missionario, per tanti versi in anticipo sui suoi tempi, certo «non può ritenersi un precursore dell’odierno dialogo interreligioso, anzi, è proprio l’opposto».
Matthew Kukah, il vescovo di Sokoto che Africa Confidential definisce «a remarkable Nigerian», dipinge un magistrale quadro della questione della sharia nel suo Paese; da solo, assieme all’intervento di Borrmans – il Padre bianco per trent’anni direttore della rivista da lui fondata presso il Pisai, Islamochristiana – è un testo che vale il libro. Del quale si può solo rimpiangere una insufficiente cura editoriale, sotto il profilo della forma, e, su un piano più sostanziale, l’assenza di voci islamiche.
Emi, 2016, pp. 422+XXXII, € 22,00
(Pier Maria Mazzola)