Le scuole coraniche in Mali

di AFRICA

di Silvana Leone

Scuola-coranica-Mali-Djenne

Mali: scuola coranica a Djenné

Le scuole coraniche (o madrase, dall’arabo scuola) sono una realtà molto variegata e sono presenti in molti paesi, dall’Africa, all’Asia, fino agli Stati Uniti d’America. Si calcola che ogni anno vengano formati oltre 1,5 milioni di studenti in più di 20.000 scuole coraniche. La memorizzazione del Corano è una delle sue principali attività, insieme all’insegnamento dei fondamenti dell’Islam, la lingua araba, la storia e la letteratura sacra.

I ragazzi che frequentano queste scuole (soprattutto maschi) rientrano principalmente nella fascia di età dai 10 ai 15 anni e provengono da famiglie molto povere. Per molti di loro frequentare la madrasa significa avere garantito almeno un pasto al giorno, a cui però devono contribuire (pena le punizioni corporali), lavorando nei campi, badando al bestiame o chiedendo l’elemosina per strada.

Tra gli stati dell’Africa Occidentale con un alto numero di scuole coraniche troviamo il Mali (in cui la presenza di musulmani arriva al 90%), un paese che da più di anno è piombato nella guerra civile, esattamente da quando tuareg e gruppi islamici hanno rovesciato il governo centrale e preso il controllo nel nord.

Con una crisi di tale entità, anche le madrase sono fuori controllo e diventano un luogo di indottrinamento e di reclutamento di giovani combattenti. Bambini e adolescenti vengono rapiti direttamente nelle scuola coraniche nel centro e nel nord del Mali (soprattutto nei pressi di Gao) e portati in campi di addestramento, dove vengono iniziati all’uso delle armi e alla guerra.

I rapimenti fanno parte della strategia del movimento MUJAO (Movement for Oneness and Jihad in West Africa), organizzazione militante che si è staccata da Al-Qaeda nel Maghreb islamico.

I ragazzi vengono reclutati nelle madrase perché conoscono già l’arabo e sono più facili da convertire e manipolare. Il sindaco di Gao ha dichiarato all’Associated Press che “tra i 200 e i 300 bambini sono scomparsi insieme ai miliziani jihadisti. Anche le scuole sono state indirettamente complici, in quanto sotto la minaccia dei ribelli nessuno ha osato reagire”.

Si ritiene che un numero elevato di bambini siano stati uccisi nei combattimenti dello scorso  gennaio nel centro di Mali, in cui le roccaforti jihadiste sono state bombardate dalle truppe francesi e dalle forze governative, riuscendo poi ad allontanare i militanti da Gao e dai villaggi circostanti.

Nelle situazioni di conflitto i bambini sono tra i soggetti più deboli e vulnerabili. Proprio per questo, in Mali come in altri paesi, vengono reclutati con la forza per compiere le peggiori nefandezze. Non esistono soluzioni facili da tirare fuori dal cilindro magico, tutti però possiamo contribuire in qualche modo, mantenendo alta l’attenzione su questi fenomeni e sostenendo le tante iniziative che cercano di ridare a questi ragazzi una speranza per il futuro.

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