Lavorano per compagnie di sicurezza private specializzate in sgomberi. Sono l’incubo di poveri e immigrati Le chiamano Red Ants, “formiche rosse”, per via del colore delle uniformi che indossano durante i loro raid. Intervengono per eseguire sfratti e demolizioni di baracche abusive. Ma sono esse stesse vittime di una guerra infernale
I canti degli anni di lotta contro l’apartheid risuonano alle prime luci dell’alba. La loro eco si disperde per le aree desolate dei centri urbani di un Paese dove le ferite della segregazione razziale sono, a 25 anni di distanza, ancora evidenti. Vestiti con tute da lavoro rosso fuoco, indossano elmetti protettivi e brandiscono spranghe d’acciaio. Ex membri dell’esercito e poliziotti non più in divisa guidano un esercito di 600 “soldati”, soprattutto ex minatori disoccupati, pronti a sgomberare, per 10 dollari al giorno, migliaia di senzatetto che occupano gli edifici abbandonati dalla borghesia bianca alla fine degli anni Ottanta.
Guerra tra poveri
La pace è finita. Sono arrivate le “Formiche Rosse” (Red Ants), la più temuta e rinomata squadra di pronto intervento per le operazioni di sgombero di occupanti abusivi in Sudafrica. Fondate da Johan Bosch, ex proprietario terriero bianco ora attivo nell’edilizia, le Formiche Rosse, così chiamate per il colore della loro divisa e la capacità di infiltrarsi nei meandri degli edifici abbandonati, rappresentano la prima linea di una battaglia quotidiana che rischia di spaccare la società sudafricana, ancor più di quanto già non lo sia.
La popolazione aumenta, così come il numero dei rifugiati da altri Paesi africani, le amministrazioni locali non sono in grado di gestire le richieste di sfratto da parte dei costruttori privati, e appaltano i servizi di rimozione forzata alle Formiche Rosse. È in corso una guerra tra poveri, dove vittime e carnefici fanno parte dello stesso girone infernale. Si conoscono, parlano la stessa lingua e si rincorrono nei meandri di squallidi labirinti dove crimine e disperazione si intersecano e prevalgono.
Uno sporco lavoro
Anche alcune delle Formiche Rosse, in passato, furono costrette a occupare gli stessi posti. Spacciatori e prostitute sono i primi a lasciare gli edifici diroccati, in precedenza abitati dall’élite sudafricana, e trasformatisi con il tempo in roccaforti del malaffare a causa della bolla immobiliare degli anni Novanta. Stranieri irregolari e famiglie con bambini sono i più restii ad abbandonare dei locali squallidi chiamati “casa”. Non mancano le scene in cui figli e genitori vengono separati per evitare che si perpetuino violenze contro i minori. «A nessuno piace fare questo lavoro, ma la domenica in chiesa prego per la mia anima e sono sicuro che Dio capisce perché lo sto facendo», spiega Sikhumbuzo Dlamini, un leader delle Formiche Rosse.
Quando va bene, le operazioni durano poche ore. Il tempo di distruggere quanto di precario era stato costruito per evitare ritorni immediati. Solo i materassi vengono impilati e caricati sui camion. Ma l’aumento della povertà e l’insufficiente offerta abitativa sta rendendo le operazioni di sfratto sempre più complesse, trasformandole in guerriglie urbane, con morti e feriti da ambo le parti. «È come se fossimo in guerra, siamo lontani dalle nostre famiglie e il nostro unico obbiettivo è vincere questa battaglia», soggiunge Sikhumbuzo.
Senza pietà
La frequenza aumenta quando lo scontro si trasferisce dai centri urbani alle periferie delle grandi città come Pretoria, Johannesburg, Città del Capo, dove, ogni giorno, centinaia di famiglie prive di abitazione invadono lotti di terra. Poche settimane fa, a RusterVaal, periferia sud di Johannesburg, due occupanti sono stati uccisi al termine di un’operazione di rimozione di baracche illegali erette all’interno di un terreno agricolo.
Come in tutte le guerre, la pietà non è ammessa, è una lotta per la sopravvivenza, e a volte sono le tute rosse a soccombere. Kervin Woods rientra in questa lista. Ferito a morte con un cacciavite durante un’operazione alla periferia di Johannesburg, stava per essere bruciato vivo prima che i suoi compagni riuscissero a salvare almeno il corpo, per dargli una sepoltura degna e con i rituali riservati ai membri delle Formiche Rosse. Canti, picchetti d’onore e spari verso il cielo. «Quando muore uno dei nostri è come se morisse una parte di noi – racconta Johan Bosch, il fondatore dell’organizzazione, più volte accusato di sfruttare i membri per tornaconto personale –; siamo una famiglia, ci aiutiamo a vicenda, negli anni abbiamo creato una comunità».
Bomba sociale
Il livello di violenza sta aumentando e le operazioni delle Formiche Rosse sono finite sotto la lente d’ingrandimento delle associazioni per i diritti umani, che le accusano di abusi. Anche la magistratura sta investigando e, se le accuse si formalizzeranno in condanne, la licenza potrebbe essere revocata. Il clima politico non aiuta e il tema della gestione della terra per fini abitativi è stato al centro dell’appena conclusa campagna elettorale.
Da quando l’Economic Freedom Fighters (Eff), partito d’opposizione di stampo socialista, ha lanciato in Parlamento la proposta di emendare la Costituzione, con l’appoggio del partito di governo, l’Africa National Congress (Anc), per poter espropriare alcuni lotti di terreno privati ridistribuendoli senza compensazione, il numero di occupazioni illegali è cresciuto. Si sono appena concluse assemblee pubbliche in tutto il Paese per cercare di trovare un punto di incontro tra le necessità urgenti della popolazione più svantaggiata, stanca di promesse non mantenute, e i diritti di cittadini che devono coesistere con un passato che pesa come un macigno. Anche in questi frangenti non sono mancanti confronti accesi sotto gli occhi di Commissioni parlamentari inermi.
Una situazione esplosiva che coinvolge non solo le contrapposte popolazioni bianca e nera ma anche una miriade di gruppi autoctoni, a cominciare dai Khoi-San, custodi dell’identità sudafricana.
Sfida politica
Lo scontento popolare è terreno fertile per la nascita di nuovi movimenti politici pronti a cavalcare la rabbia di cittadini stanchi di attendere. Tra questi, Black First Land First (Prima i neri e la terra), un gruppo vicino all’ex presidente Jacob Zuma, che aiuta la popolazione nera indigente a localizzare aree in cui edificare le proprie baracche. Una casa di lamiera viene montata in poche ore e costa circa 350 euro.
Poche settimane dopo viene distrutta dall’intervento delle Formiche Rosse, chiamate a fare piazza pulita di tutto ciò che è stato costruito illegalmente. Le lamine di acciaio si piegano sotto i colpi violenti di mazze e spranghe. Nel giro di pochi minuti, sotto gli occhi indifferenti delle forze di polizia si sgretolano le poche certezze di intere famiglie.
Il tempo di raccogliere e mettere insieme quei pochi pezzi di vita per andare a cercare una nuova terra da occupare e continuare ad alimentare un ciclo senza fine. Toccherà al nuovo presidente del Sudafrica trovare soluzioni urgenti per risolvere la crisi abitativa, altrimenti le Formiche Rosse continueranno a invadere le strade del Sudafrica.
testo di Lorenzo Simoncelli – foto di James Oatway / Luz e Marco Longari / Afp
Questo articolo è stato pubblicato sul numero 4/2019 della rivista Africa. Per abbonarsi alla rivista, approfittando delle promozioni in corso, clicca qui