(reportage dal numero 1/2020 di Africa)
Leah Namugerwa è un’attivista ugandese di 15 anni. Dall’inizio del 2019 ogni venerdì salta la scuola e scende in piazza. Per protestare contro l’inquinamento e fare precise richieste al governo. La chiamano, ovviamente, la Greta Thunberg d’Africa. L’abbiamo incontrata a Kampala
Da oltre un anno, ogni venerdì, salta la scuola con il permesso dei genitori e scende per le strade di Kampala a manifestare in favore dell’ambiente. Si chiama Leah Namugerwa. Ha 15 anni. La chiamano la Greta Thunberg d’Uganda. E in effetti lei si ispira alla celebre attivista svedese, di un anno più grande, con cui condivide la passione per la natura e l’impegno civile. Con il suo cartellone giallo (“School strike for climate” c’è scritto col pennarello) si piazza agli incroci più affollati della capitale ugandese. Sguardo risoluto, indifferente al caos del traffico. «All’inizio la gente pensava che fossi una pazza – racconta con un sorriso –. Ora gli automobilisti e i motociclisti che mi vedono suonano il clacson in segno di appoggio alla mia battaglia».
Accetta di parlare con Africa al termine della sua manifestazione settimanale. Sembra intimidita dal clamore mediatico che sta provocando. Ma basta darle la parola perché sprigioni la sua energia. «Non sto facendo nulla di speciale», dice sotto lo sguardo fiero del padre che la sostiene e la protegge. «Avere a cuore la salute del mondo in cui vivo significa anzitutto pensare al mio futuro e a quello dei miei cari. In questo senso, la campagna che porto avanti non è un segno di amore per la natura, ma solo buon senso: è per prima cosa un mio interesse salvaguardare la salute della Terra».
Una passione ereditata
Quando hai deciso, Leah, di iniziare la tua battaglia? «Fin da piccola ho avuto un’attenzione speciale per l’ambiente. Forse l’ho ereditata dai miei nonni. Non ho mai sopportato di vedere la sporcizia nelle strade e nei parchi. Ogni volta che posso mi fermo a raccogliere rifiuti. Poi, un giorno ho visto che tanti giovani stavano manifestando in tutto il mondo sull’esempio di Greta e ho deciso di scendere in piazza. In Occidente molti pensano che noi africani viviamo isolati. Ma abbiamo cellulari, usiamo internet e i social network. Siamo informati e interessati a ciò che accade nel mondo. E vogliamo fare la nostra parte».
Amici e professori cosa pensano? «A scuola ho fatto un patto con gli insegnanti: saltando delle ore di lezione devo impegnarmi il doppio per recuperare. In famiglia sono stati chiari: mi appoggiano fintantoché i voti sono buoni. Gli amici, quelli veri, mi sostengono e talvolta mi accompagnano a manifestare». Che cosa chiedi in concreto? «Chiedo ai politici di fare sul serio: a sentirli parlare sono tutti ambientalisti, ma devono passare dalle parole ai fatti. Per esempio, il governo ugandese potrebbe rendere illegali i sacchetti di plastica che svolazzano dappertutto: finiscono in fiumi e giardini, soffocando l’ambiente. Alcuni Paesi africani hanno già deciso di proibirli. Anche il Parlamento ugandese si è espresso in questo senso, ma il divieto non è mai stato applicato: serve la volontà politica».
Aprite gli occhi!
La sua petizione online su Green Campaign Africa rivolta direttamente al presidente ugandese Yoweri Museveni ha già ottenuto migliaia di adesioni. Grazie alla creazione dell’hashtag #BanPlasticUg, la sua protesta ha conquistato la Rete ed è diventata virale, come la sua campagna che invita a piantare un albero nel giorno del proprio compleanno (#birthdaytrees) e le sue altre battaglie: contro i combustibili fossili, la deforestazione, il degrado delle zone umide e il cambiamento climatico che sta sconvolgendo le stagioni. «Periodi di siccità si alternano con sempre maggiore frequenza e intensità ad alluvioni devastanti. Basta aprire gli occhi per capire cosa stiamo combinando». Lei li ha aperti. Assieme a milioni di altri coetanei, in ogni parte del mondo.
(testo di Marco Trovato)