di Elisa Chiara e Valentina Geraci – Centro studi AMIStaDeS APS
Con le elezioni legislative anticipate che hanno animato il Senegal lo scorso 17 novembre, a Dakar è tempo di riflessioni sul bilancio dei primi mesi del nuovo governo e sui risultati concreti delle sue politiche. Nel ritmo frenetico della capitale, il dibattito è acceso: tra tassisti, commercianti e giovani, si incrociano speranze e critiche su un governo che ha promesso riforme ambiziose: ma ha già conquistato la fiducia della gente?
Le strade di Dakar parlano chiaro: qui ogni promessa politica è messa alla prova da chi, ogni giorno, vive le conseguenze delle scelte e delle azioni della nuova classe dirigente. A pochi mesi dall’insediamento del giovane Presidente Bassirou Diomaye Faye, e a due settimane dal cruciale appuntamento delle elezioni legislative, la capitale offre un ritratto vivido e complesso, intrecciando speranze e delusioni che riflettono lo stato d’animo della popolazione.
Secondo le proiezioni più recenti, il partito dei Patrioti Africani del Senegal per il Lavoro, l’Etica e la Fraternità (Pastef), guidato dal Presidente Faye e dal primo ministro Ousmane Sonko, è il principale vincitore delle elezioni, conquistando 130 dei 165 seggi previsti, pari all’82% dei voti. Questo significa che il partito si aggiudica 40 dipartimenti su 46, 7 circoscrizioni elettorali della diaspora su 8, e 30 deputati su 53 previsti dalla lista nazionale proporzionale.
Il tasso di partecipazione si è attestato al 49,72%, segnando un leggero aumento rispetto alle presidenziali. Tuttavia, questo dato ha sollevato interrogativi tra i simpatizzanti di Pastef, che si chiedono perché l’affluenza non sia stata più alta. Tra le ipotesi figurano una mobilitazione limitata a determinati segmenti dell’elettorato o una percezione meno polarizzante delle legislative rispetto alle presidenziali. “La presenza in primo piano di figure di spicco come Ousmane Sonko ci aveva fatto sperare in una partecipazione più ampia,” ha commentato un sostenitore, riflettendo sul ruolo chiave che Sonko ha avuto durante la campagna presidenziale.
Nel frattempo, la nuova amministrazione continua a proporre di attuare una rottura sistemica, con riforme che riguarderanno principalmente le istituzioni. Tra gli obiettivi prioritari figurano la fine del sistema del cumulo dei mandati, la lotta alla corruzione, il contrasto al caro vita e alla disoccupazione (con il 75% della popolazione sotto i 35 anni e almeno 300.000 giovani diplomati che si affacciano, ogni anno, al mercato del lavoro). Una delle linee politiche più urgenti riguarda anche la revisione degli accordi e dei contratti preesistenti, con l’intenzione di rinegoziarli laddove possibile. A confermarlo Abdoulahi Diene , giovane senegalese con cui abbiamo parlato negli ultimi giorni “Recuperare le strutture che erano state occupate dal regime precedente, progetti, finanziamenti per le donne nelle zone rurali, un buon impegno nella stagione agricola sono le attuali priorità. Stanno facendo sforzi, ma evidentemente c’è molto da fare vista la situazione. Penso che i risultati cominceranno a essere visibili nel corso del 2025”.
La voce di Abdoulahi è una voce singolare ma rappresenta quella di tanti giovani. Pastef continua infatti a godere di forte sostegno in particolare fra i giovani a diversi livelli e con diverse esperienze.
“Le nuove autorità hanno appena completato otto mesi al potere. È ancora troppo presto per fare un bilancio concreto”, ha dichiarato Mamadou Faye, dottorando all’Università Cheick Anta Diop di Dakar e da novembre dello scorso anno ricercatore presso il centro MOBILE (Università di Copenhagen). Mamadou ha ricordato il recente successo nelle elezioni legislative, che si sono concluse con una vittoria schiacciante nelle aree presidenziali. Tuttavia, nonostante il trionfo, ha avvertito che le aspettative sono alte e che ora la vera prova per il governo sarà la capacità di tradurre le promesse in azioni concrete.
“Le aspettative sono forti, la speranza è viva. Ora bisognerà aspettare uno o due anni per vedere veramente le riforme e le politiche vere in materia di occupazione e istruzione”. In merito alle sfide future, Faye ha enfatizzato l’importanza di un momento cruciale, in cui sarà possibile fare un bilancio finanziario sotto la guida delle nuove autorità. Ha concluso la nostra chiacchierata evidenziando che “la posta in gioco di queste elezioni legislative è enorme. Le nuove autorità devono dimostrare di essere in grado di mantenere la coesione tra i popoli e di tradurre le esigenze della popolazione in azioni concrete”.
Parliamo anche con alcuni tassisti, uomini di età e esperienze diverse, ma uniti da un desiderio comune: non sentirsi abbandonati. La vita del tassista, a volte complessa e spesso “invisibile”, è segnata dalla speranza di un cambiamento, ma anche dalla frustrazione per un sistema che sembra non ascoltarli mai.
Mamadou, con oltre vent’anni di esperienza sulle strade della capitale, è visibilmente disilluso. “Io guido il taxi ogni giorno, ma loro, quelli al governo, non mi apportano assolutamente niente”, dice con una voce rassegnata ma tagliente. La sua delusione è quella di chi ha visto promesse non mantenute, di chi si è sentito ignorato dai poteri che dovrebbero rappresentare anche lui. Il sistema dei trasporti a Dakar diventa sempre più competitivo, con i classici taxi a fermata che si vedono “minacciati” da nuove società di VTC (macchine turistiche con autista, in francese): prime fra tutte Yango e Heetch che, benché ancora non regolamentate, attirano clienti grazie a prezzi favorevoli e la comodità di essere prenotati con un semplice clic. Questo fa sì che molti tassisti tradizionali si iscrivano per non essere isolati dal mercato, anche se i guadagni effettivi per ogni tassista non superano il 25% delle entrate giornaliere.
Poi c’è Ousmane, più giovane e con una speranza ancora viva, sebbene cauta. Nella sua Peugeot, che ha qualche anno e ha bisogno di riparazioni, ci condivide che : “Il regime precedente, quello di Macky Sall, ha escluso tutti i partiti dell’opposizione, e l’ha fatto anche con la violenza. Noi, i piccoli, non contavamo nulla”. Ousmane non nasconde il suo ottimismo, ma ammette che le cicatrici lasciate dal passato sono ancora visibili. Per lui, il nuovo governo potrebbe portare finalmente un cambiamento, ma solo se saprà davvero rompere con le pratiche del passato. Eppure, come Mamadou, anche lui ha visto troppe volte l’ennesima promessa svanire nel nulla. La speranza, oggi, è che qualcosa finalmente cambi.
Tornando a casa da una giornata lavorativa, ci imbattiamo nel proprietario dell’immobile dove si trova il nostro appartamento: siamo a Ouakam, a due passi dalla Corniche e dal Monumento del Rinascimento che sembra vegliare sulla capitale. Moussa si prepara alla preghiera, e il suo bubù bianco brilla nonostante l’arrivo della notte. Possiamo definirlo un uomo di ceto medio, con un buon lavoro e diversi beni immobiliari che gli garantiscono di arrotondare i guadagni del suo lavoro da impiegato. Ci fa capire che nonostante tutto anche per lui la vita a Dakar è una lotta quotidiana, con il rincaro dei prezzi degli affitti che fanno della città la capitale africana con il costo della vita più alto. Gli chiediamo come vede i risultati delle elezioni: “se ci pensi, prima, di Sonko, si poteva pensare essere un giovane inesperto, ma il suo panafricanismo ha infine (e grazie a Dio), avuto la meglio rispetto ai corrotti precedenti; e pensare che il Pastef ha solo una decina di anni e in solo due ha veramente rivoluzionato le cose; e se prima erano i soldi a governare le elezioni, adesso sembra che il benessere della popolazione primeggi sul resto”.
Il bottegaio all’angolo della trafficata via Cheick Anta Diop, Issa, è un uomo sulla quarantina che anima la via ed è sempre aperto, anche di domenica. Sorride sempre e ci dice che per lui è stato importante andare a votare, perchè dopo anni finalmente sente di respirare un’aria di cambiamento. Si sente rappresentato da Sonko e Faye, già solo per il fatto che siano due uomini giovani. Si augura quindi che grazie a questa schiacciante vittoria la gioventù continui ad essere il perno dei loro interventi.
Di certo, il progetto politico Faye-Sonko non è solo ambizioso, ma porta il peso di tutte le aspettative popolari. La nuova visione 2050, presentata ufficialmente dal presidente ad ottobre 2024, si articola anzitutto su un programma quinquennale 2025-2029, sostituendosi al Piano Senegal Emergente della precedente dirigenza. Esso si articola su quattro assi principali: l’economia competitiva, la sostenibilità ambientale, lo sviluppo del capitale umano e la rifondazione della governance. Ed è stato proprio questo il segreto del suo grande successo pre-legislative: quello di concentrarsi prima di tutto sul coinvolgimento dei giovani, delle donne, delle popolazioni in città e nelle zone rurali, senza dimenticare la diaspora.
Dakar riflette infatti anche l’influenza significativa dei senegalesi all’estero, che osservano da lontano con attenzione ogni mossa del governo. Nell’area di Louga, ci imbattiamo in un giovane senegalese con il volto segnato dal sole. Si chiama Amadou, ha intorno ai 50 anni e, dopo anni trascorsi a lavorare in Italia, è tornato nella città dove è cresciuto. “La diaspora è un po’ il motore del Senegal” ci dice con un sorriso malinconico. “Siamo lontani, ma ogni passo del governo ci tocca. Aiutiamo le famiglie con le rimesse, costruiamo scuole, compriamo terreni, e sogniamo di tornare per trovare un Paese migliorato.” Amadou racconta che molti giovani senegalesi all’estero guardano con speranza al governo di Faye e Sonko, soprattutto per le promesse di riforme in favore dell’occupazione e del supporto ai progetti agricoli. “Abbiamo visto tanti politici promettere, ma pochi mantenere” aggiunge, condividendo con noi che le priorità per la diaspora non si fermano alle opportunità di lavoro: sono necessari programmi che facilitino il reinserimento per chi decide di tornare, riducano i costi delle transazioni internazionali e promuovano un maggiore accesso a prestiti per investire in attività produttive.
E, come sempre, sono le voci della strada a restituire il ritratto più sincero del momento politico che il Paese sta vivendo. A riflesso dello slogan “Jub-Jubal-Jubbanti” (“Essere giusti, guidare sulla retta via, raddrizzare ciò che è storto”).