di Enrico Casale
Migliaia di antichità egizie sono sparse in musei stranieri di tutto il mondo a causa di una combinazione di fattori storici. Oggi l’Egitto chiede a gran voce la restituzione del suo patrimonio, primo fra tutti la celebre Stele di Rosetta, esposto al Neues Museum a Berlino.
L’Egitto rivendica il suo patrimonio archeologico disperso nel mondo. Attivo nella richiesta di restituzione è Zahi Hawass, noto archeologo, egittologo ed ex ministro delle Antichità egiziano. In una recente conferenza stampa, Hawass ha sottolineato l’importanza delle antichità, definendole “una risorsa preziosa per ogni nazione”. Ha dichiarato che, attualmente, in Egitto sono operative 240 missioni archeologiche straniere. In precedenza, Hawass aveva pubblicato un documento sul suo sito web, disponibile sia in arabo sia in inglese, esortando gli egiziani a firmare una petizione online. Il suo obiettivo è raccogliere 300.000 firme da presentare alla Gran Bretagna per chiedere la restituzione all’Egitto della Stele di Rosetta, pietra con incisioni in più lingue che permise di interpretare i geroglifici, dello zodiaco di Dendera, un celebre bassorilievo egizio, e del busto di Nefertiti, risalente a 3.400 anni fa ed esposto al Neues Museum a Berlino. “Questo busto, straordinario e senza rivali nella storia per il suo valore storico ed estetico, ora si trova in Germania, ma è giunto il momento che torni a casa, in Egitto – ha affermato Hawass -. Questo è un capolavoro d’arte. È considerata la statua più bella mai trovata. Pertanto, la sede del busto dovrebbe essere il Grand Egyptian Museum. Tutte le prove dimostrano che questo busto ha lasciato l’Egitto illegalmente”.
Migliaia di antichità egizie sono sparse in musei stranieri a causa di una combinazione di fattori storici, tra cui scavi archeologici condotti da europei nel XIX e all’inizio del XX secolo, e il commercio di reperti antichi. Questo ha portato alla dispersione di tesori egizi in varie collezioni museali. Le più importanti sono certamente quella del British Museum (Londra) che ospita una delle più grandi collezioni di antichità egizie al di fuori dell’Egitto, tra i pezzi più celebri c’è la Stele di Rosetta, insieme a numerose mummie, sarcofagi e sculture monumentali; il Museo del Louvre (Parigi), che possiede uno degli oggetti più iconici la statua del faraone Ramses II e lo zodiaco di Dendera; l’Ägyptisches Museum (Berlino), famoso soprattutto per il busto di Nefertiti e per centinaia di reperti legati alla vita quotidiana e alle credenze religiose dell’antico Egitto.
Tra le collezioni più rilevanti a livello mondiale c’è anche il Museo Egizio di Torino. La collezione comprende migliaia di reperti, tra cui statue, mummie, papiri e un’intera tomba ricostruita.
La dispersione di queste antichità è oggetto di discussione, in particolare riguardo al rimpatrio dei reperti più significativi, un tema che sta guadagnando sempre più attenzione nel panorama culturale e politico globale. La campagna dell’Egitto per il rimpatrio dei suoi reperti ha già portato alla restituzione al Paese di migliaia di antichità. L’anno scorso, un antico sarcofago di legno presso l’Houston Museum of Natural Sciences è stato restituito all’Egitto dopo che le autorità statunitensi lo avevano ritenuto rubato.
Nel 2021, il Cairo è riuscito a recuperare 5.300 reperti rubati da tutto il mondo, ha riferito l’Associated Press, nel mezzo degli sforzi del governo per fermare il traffico delle sue antichità. Anche altri paesi hanno chiesto la restituzione dei loro reperti, che ritengono simboli del colonialismo. A luglio, il Metropolitan Museum of Art di New York ha restituito più di una dozzina di reperti cambogiani. “I musei che continuano a esporre questi reperti e si rifiutano di restituirli – ha detto Hawass – non fanno altro che continuare a partecipare all’imperialismo”.