Piogge di disdette, frontiere sbarrate, viaggi rimandati. L’epidemia sta causando danni incalcolabili all’industria turistica. A rischio migliaia di posti di lavoro in Africa, e non solo. «Speriamo passi in fretta».
«Siamo colpiti da una pioggia di disdette per il periodo primaverile. La Pasqua è persa. E le prenotazioni per l’estate sono al momento bloccate. Molti hotel stanno chiudendo. Questo maledetto virus sta facendo molto male anche qui. È un vero disastro». Lo sfogo di Samba, guida turistica e fondatore del tour operator Kenya Safari Samba, arriva da Watamu, un paradiso di palme e spiagge di finissima sabbia bianca… mai così deserto come oggi. Malindi e Mombasa non stanno meglio. Pure i lodge e i campi tendati al Masai Mara e allo Tsavo sono in gran parte vuoti. Il Kenya, come molte destinazioni africane, sta subendo i contraccolpi dell’epidemia.
Il calo finora registrato dei passeggeri in arrivo ai due aeroporti internazionali di Nairobi e Mombasa è del 25%, ma si teme un crollo ben più consistente. Il ministro del Turismo, Najib Balala, ha esortato gli operatori a predisporre pacchetti turistici «convenienti e attraenti» per i viaggiatori nazionali e continentali. Un tentativo di far fronte alle disdette dei turisti provenienti dal resto del mondo, Europa in testa. Cancellazioni arrivano da Italia, Spagna, Gran Bretagna, Francia, Germania. Ma anche da Stati Uniti e Giappone. La paura sta prendendo il sopravvento. E naturalmente ci sono i turisti impossibilitati a partire, per precise disposizioni dei loro governi. «Per non parlare dei gruppi di turisti cinesi, sempre molto numerosi in savana, che ormai non si vedono da un mese», fa notare il portale italiano MalindiKenya.net. Ma il danno riguarda tutte le principali destinazioni: Egitto, Marocco, Sudafrica, Tanzania, Namibia, Madagascar, Uganda… In crisi anche le mete sahariane. Il coronavirus sta mettendo in ginocchio l’industria del turismo in Africa.
L’emorragia di viaggiatori sta assestando un duro colpo a un settore in pieno sviluppo che – prima dello scoppio della crisi – aveva registrato performance mai viste: lo scorso anno 70 milioni di persone avevano visitato un Paese africano. Nel 2000 erano state 22 milioni. Oggi il comparto del turismo nel continente vale quasi 100 miliardi di dollari. Per alcuni Paesi, poveri di risorse minerarie e di industrie, l’afflusso di visitatori è ossigeno puro che vale fino al 34% del prodotto interno lordo. Seychelles e Mauritius, per esempio, galleggiano grazie all’industria dei viaggi.
E il grido di allarme proviene anche dall’Africa australe. «Siamo in ginocchio, ma non siamo ancora al tappeto», fa sapere Gianni Bauce, guida turistica in Zimbabwe, fondatore di African Path Safaris. «Le autorità si muovono per tentare di fronteggiare la crisi che sta già causando importanti ripercussioni economiche. Quanto a noi operatori, in particolare gli operatori italiani o coloro che operano col mercato italiano, stiamo cercando di fare il possibile per affrontare il momento difficile, a volte anche con piccole iniziative, come il mantenere informati i nostri clienti sulle misure precauzionali adottate dai rispettivi Paesi africani. Dobbiamo solo stringere i denti… Passeremo anche questo momento».
E pensare che le previsioni erano ottime. Il Consiglio Mondiale dei Viaggi e del Turismo (Wttc) prevedeva per quest’anno un balzo del 20% degli arrivi stranieri in Africa. Numeri completamente da rivedere alla luce di quanto sta accadendo a livello internazionale. A rischio in Africa sono guide turistiche, autisti, camerieri, facchini, agenti, logisti, interpreti… Il settore impiega 25 milioni di persone (il 7% dell’intera forza lavoro continentale). Ma naturalmente le conseguenze devastanti si stanno registrando anche da noi, in Italia. Agenzie di viaggi, tour operator, accompagnatori turistici… Nessuno viene risparmiato. È un duro colpo perché mai come in questo momento il settore del turismo stava sorridendo. Le due principali fiere del settore, il TTG di Rimini e la BIT di Milano, avevano registrato una significativa crescita delle presenze. L’anno sembrava avviato sui binari giusti. Prima dell’epidemia. «Molti erano i buoni segnali che stavano giungendo dal continente: il ritorno nel deserto, l’Etiopia, il Nilo, la Tanzania, la promettente stagione dell’Africa australe», conferma Piergianni Addis, responsabile sostenibilità della Federazione Turismo Organizzato.
«Ma la situazione che stiamo vivendo in questi giorni ha azzerato – nel breve – i nostri risultati, i nostri progressi, le nostre aspirazioni, e sicuramente i nostri piani. Anche quelli di lungo periodo, quelli che – in modo un po’ verboso – ci ostiniamo a chiamare strategici. Tutti i piani hanno bisogno di un orizzonte temporale: ed è di questo che avvertiamo un gran bisogno, ed è la domanda che poniamo agli esperti, che scuotono la testa».
Piccoli e grandi tour operator stanno affrontando il momento difficile pensando anzitutto a gestire al meglio le emergenze che si vengono a creare giorno dopo giorno. Migliaia di persone che hanno prenotato un viaggio sono impossibilitate a partire. Ogni giorno si allunga la lista dei Paesi che impediscono l’ingresso di viaggiatori italiani o prevedono la quarantena per coloro che arrivano dalle zone a rischio. Chi parte, oggi, con il rischio di trovarsi bloccato alla frontiera? L’unica è tenersi informati attraverso il sito di Africa e Affari che ogni giorno viene aggiornato in tempo reale coi dati forniti dall’Unità di crisi della Farnesina. E sperare che la tempesta finisca presto.
Al momento è impossibile quantificare i danni. Nessuno al momento sa dire quanto durerà. La Pasqua è persa, si spera nelle vacanze estive. Alcuni tour operator stanno offrendo pacchetti estremamente vantaggiosi per i mesi a venire, con la possibilità di annullare il viaggio senza pagare penali. Su tutto grava l’incertezza dei voli. Le compagnie aeree stanno chiudendo gli operativi, tagliando le partenze, sopprimendo le destinazioni. Altre volte gli aeroporti vengono chiusi per ordine dell’autorità. Da ieri, per esempio, il governo della Tanzania ha disposto la sospensione di tutti i voli charter dall’Italia diretti a Zanzibar come misura di prevenzione contro la diffusione del virus Sars-CoV-2. Il crollo del numero di passeggeri, con rotte cancellate e aerei vuoti, coinvolge tutti i gruppi che volano sui cieli africani: da Turkish Airlines a Ethiopian Airlines, da Air France-Klm al gruppo Lufthansa (di cui fanno parte anche Swiss e Brussels Airlines). «L’epidemia del Covid-19 è una crisi globale che sta mettendo alla prova la resilienza delle compagnie aeree, come di tutta l’economia globale. Le compagnie stanno assistendo a cali a doppia cifra della domanda, e molte rotte sono collassate», tuona Alexandre de Juniac, amministratore delegato della Iata, l’organizzazione internazionale delle compagnie aeree. La crisi rischia di compromettere gli investimenti nel settore alberghiero, dove le maggiori catene internazionali coi loro brand globali – Marriott, Accor, Hilton, Ibis Style, Radisson Blu – erano impegnate a moltiplicare la capacità ricettiva. «Passerà», ricorda a tutti Samba, guida keniana. «Siamo addolorati per l’Italia e tutti i Paesi colpiti da questo virus. Speriamo che le persone possano tornare presto alla loro vita normale. Teniamo duro, tenete duro. Quando il peggio sarà alle spalle, noi saremo pronti ad accogliervi, sorridenti, nel nostro paradiso, dove torneremo a gustare assieme momenti di serenità».
(Marco Trovato)