«L’Europa deve combattere l’islamofobia»

di Enrico Casale
Islamofobia

Right wing protestor demonstrates against the construction of a huge new mosque in the Cologne suburb of EhrenfeldL’islamofobia è un male che non è ancora stato sradicato in Europa. È una forma di razzismo che ha tante forme diverse e, spesso, nasce dalle stesse istituzioni. A parlare in questi termini è Ismahane Chouder, segretaria della Commissione francese Islam e laicità, intervenuta ieri, 12 aprile, al convegno «I musulmani europei, diritti e doveri», organizzato da «Partecipazione e spiritualità musulmana», un network di associazioni musulmane (in maggioranza marocchine).

Ma che cos’è l’islamofobia? «È quell’insieme di atti discriminatori contro le istituzioni islamiche e i musulmani – osserva la Chouder -. Intendiamoci criticare l’Islam e i musulmani è lecito. Nessuno intende mettere in discussione la libertà di parola. Si tratta di reagire contro chi opera sistematicamente contro l’Islam».

Non sono solo discorsi, articoli, post sui social media, ma una serie di pratiche che mettono in luce un Islam negativo, minaccioso, violento. Responsabili sono le istituzioni (per esempio, le leggi contro il velo in Francia), una certa eredità coloniale (che considera i musulmani sempre come una popolazione sottomessa), le strumentalizzazioni delle relazioni geopolitiche. «Si pensa che dell’islamofobia sia colpevole la destra europea – continua -. In parte è vero, ma anche la sinistra, imponendo una visione assolutistica della laicità, a volte fa più danni che la destra».

Si costruisce così un’immagine dell’Islam che, secondo la Chouder, è del tutto immaginaria. Eppure queste iniziative hanno presa su una larga fascia della popolazione europea e sfociano in atti violenti. «Purtroppo – continua – questi atti colpiscono per l’80% donne e bambini che nulla ne possono. Nel mese successivo all’attentato a “Charlie Ebdo”, in Francia si sono registrate più violenze islamofobe che in tutto il 2014. La scorsa settimana è stata presa di mira una donna velata che accompagnava a scuola i suoi bambini».

Come reagire a questi atti? «È la magistratura che dovrebbe prendere provvedimenti applicando la legge in modo severo – conclude la Chouder -. Ma spesso la giustizia in Europa è un’appendice della politica e non tratta tutti allo stesso modo».

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