Sabato sono stato all’Expo. Lo ammetto: ci sono andato prevenuto. Ero convinto che si trattasse di un grande circo Barnum. Una sorta di fiera campionaria a livello mondiale nella quale prevalesse l’aspetto commerciale.
I miei dubbi non sono stati del tutto fugati. L’Expo è essenzialmente un grande mercato nel quale i Paesi partecipanti cercano di mostrare il meglio di sé e della propria produzione agroindustriale. Però, devo ammetterlo, c’è qualcosa di più. Tra padiglioni di caseifici, salumifici, gelaterie industriali e artigianali, aziende di dolciumi e, ebbene sì, industrie automobilistiche, ci sono alcune «chicche» che vale la pena di cogliere. Tra molto ciarpame, ci sono alcune perle. E queste perle sono i piccoli padiglioni africani.
Non parlo dei grandi padiglioni di Angola, Marocco e Algeria. No, mi riferisco ai piccoli spazi riservati ai Paesi più poveri. Che cosa mi ha colpito di loro? Beh, anzitutto la sobrietà. Sono spazi limitati, con poche immagini, pochi oggetti. Eppure, per chi vuole cogliere l’essenza di quelle nazioni, c’è tutto. Ho mangiato nello stand dell’Etiopia tra costumi tipici, prodotti locali, aromi avvolgenti e splendide foto della nazione. Ho visto un padiglione del Gabon nel quale, oltre alle immagini di una natura spettacolare, venivano snocciolati i numeri di un’economia emergente (anche, ma non solo, grazie al petrolio). Ho visitato i piccoli spazi del Ruanda e ho respirato il profumo intenso del loro caffè. Ho visto i sacchetti pieni di polvere di baobab nelle stanze del Gabon.
Certo, oltre alle immagini patinate, negli stand, per chi sa coglierle, ci sono anche le contraddizioni dei Paesi. Fanno sorridere le diverse immagine del Presidente Ali Bongo sbandierate nello stand del Gabon. Un Presidente che ha ereditato dal padre la carica e che la esercita con una certa autorità. Così come agli esperti verrà un sorriso amaro a vedere i padiglioni di Gambia e Guinea Equatoriale affiancati. Due Paesi che solitamente sono affiancati anche nelle classifiche delle nazioni meno democratiche del continente (e forse del mondo). Fa sorridere (questa volta di gusto) anche chi promuove il buonissimo carcadè e poi al tavolo del suo ristorante offre la Coca Cola o la Fanta…
Ma, insomma, per chi vuole c’è da imparare molto, anche da una rassegna che pare una sagra di paese elevata all’ennesima potenza.
Enrico Casale