«Onorare Monroe, chiamando la nostra capitale come lui, è un abominio per la nostra eredità e per noi stessi». Parola di J. Patrick Flomo, uomo d’affari liberiano, che ha scritto una lettera aperta chiedendo che il nome della capitale del Paese, Monrovia, venga cambiato. Il motivo è presto detto: la città fu così chiamata in onore di James Monroe, dal 1817 al 1825 presidente degli Stati Uniti d’America. Proprio quando Monroe ricopriva quella carica, esattamente nel 1922, schiavi afroamericani e caraibici liberati (di qui il nome Liberia) fondarono una colonia sull’Isola della Provvidenza, oggi collegata al centro di Monrovia attraverso un ponte. Fu quello il primo passo di una operazione di ingegneria demografica fatta sotto l’egida dell’American Colonization Society, associazione statunitense nata proprio con lo scopo di aiutare gli ex schiavi afroamericani e caraibici a tornare nella propria terra d’origine e sostenuta dallo stesso Monroe. Nel 1824 Monrovia assunse questo nome e il 26 luglio 1847 fu dichiarata l’indipendenza della Repubblica di Liberia.
Di questo passato così peculiare la Liberia non porta le tracce solo nella propria bandiera, così simile a quella americana: i discendenti di quegli ex schiavi americani e caraibici, pur essendo ampiamente minoritari nel Paese (rappresentano circa il 2,5% della popolazione), hanno sempre costituito una vera e propria élite: basti pensare che la prima Costituzione escludeva gli autoctoni dalla cittadinanza.