Il primo settembre ricorre il cinquantesimo anniversario della rivoluzione di Gheddafi in Libia. Se il colonnello non fosse stato ucciso il 20 ottobre del 2011 starebbe certamente facendo il tradizionale discorso alla nazione. Discorso che ha fatto per ben 42 anni, quelli in cui è stato al potere, con il quale si è rivolto non solo ai suoi cittadini ma ai leader di tutto il mondo: minacciando a volte, ironizzando altre volte, vantando la stabilità e la ricchezza della sua nazione e della sua rivoluzione e denigrando la debolezza, la decadenza, l’arroganza del resto del mondo.
Ma Gheddafi non c’è più. E la Libia, che era stabile e rispettava un patto tacito con l’Europa – lontano dal potere gli islamisti e rubinetti dei migranti chiusi – ora non è più nemmeno un Paese, solo un territorio conteso da leader deboli e da milizie onnivore, un Paese che trasuda migranti verso un’Europa incapace di accoglierli, che ne ha paura.
Gheddafi il potere lo prende a 27 anni, senza spargimento di sangue. Il primo settembre 1969, cinquant’anni fa, appunto, mette a segno il suo colpo di Stato contro il re Idris I, ritenuto troppo servile nei confronti di americani e francesi. Proclama la Repubblica Libica, guidata dal Consiglio della rivoluzione, fa approvare una nuova Costituzione e abolisce partiti e opposizione. Si nomina colonnello e si assegna gli incarichi che cambiano nella forma ma mai nella sostanza: per il resto della sua vita è Guida e leader della rivoluzione della Grande repubblica araba libica popolare socialista; nel frattempo è presidente del Consiglio del Comando rivoluzionario della Libia, primo ministro , segretario generale del Congresso generale del popolo libico.
«I libici accolgono con grande entusiasmo la presa di potere, sono felici di vedere un giovane colonnello rovesciare il vecchio regime, e entusiasti di vedere altre prospettive, per poter finalmente trarre vantaggio dalla manna petrolifera che non fruttava nulla alla popolazione».
Obiettivo del colonnello rivoluzionario era di diventare il nuovo leader del panarabismo, sostituire il rais egiziano Gamal Abdel Nasser, morto il 28 settembre 1970. La guida del popolo libico doveva essere il suo Libro verde, il testamento eterno. Il regime però ben presto mostra il suo vero volto, si irrigidisce, e la repressione divenne atroce: Gheddafi da giovane colonnello che aveva suscitato così tante speranze si trasforma internamente in un banale dittatore, uno dei tanti del Continente nero.
Per l’Occidente, Gheddafi è stato il diavolo per alcuni e l’acqua santa per altri. Gli aerei fatti saltare in aria su Lockerbie (21 dicembre 1988, 270 morti) e sul deserto del Ténéré, in Niger (19 settembre 1989, 170 vittime) e la bomba nella discoteca di Berlino (1986, 3 morti) sono le azioni più cruente firmate dal colonnello. Negli anni, è riuscito a scampare a diversi tentati assassinii da Francia e Stati Uniti. Nell’ultimo decennio del suo “regno” ha però rivisto i legami, arrivando persino a collaborare con la Cia contro al-Qaeda e gruppi di estremisti. Ma non è bastato per scongiurare la Primavera araba, la sua ultima stagione.