Un centinaio di migranti partiti dalla Libia sono alla deriva su un’imbarcazione di fortuna nel Mediterraneo e rischiano il naufragio. L’allarme è stato lanciato dall’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni).
Nel frattempo, il 16 luglio, la camera ha dato il via libera al rifinanziamento delle missioni militari italiane all’estero e ai fondi per l’addestramento e l’appoggio alla cosiddetta guardia costiera libica, un corpo militare che, creato nel 2017, è finanziato dall’Italia per intercettare le imbarcazioni di migranti sulla rotta del Mediterraneo centrale e riportarle in Libia, un Paese che non riconosce la Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951 e in cui sono state documentate violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani.
«Secondo recenti dati governativi, circa 1.500 persone sono attualmente detenute in 11 centri della Direzione per la lotta contro l’immigrazione illegale libico (Dcim), alcuni da molti anni. Si tratta del numero più basso registrato da ottobre 2019», spiega l’Organizzazione internazionale per le migrazioni. Tuttavia, nel 2020 almeno 3.200 uomini, donne e bambini a bordo di imbarcazioni dirette in Europa sono stati intercettati dalla cosiddetta guardia costiera libica «e riportati indietro. La maggior parte finisce in strutture adibite ad attività investigative o in centri di detenzione non ufficiali. L’Oim non ha accesso a questi centri». Per questa ragione l’organizzazione dell’Onu ha espresso «grave preoccupazione per la sorte di centinaia di migranti che quest’anno la Guardia Costiera libica ha riportato a terra e dei quali non si hanno più notizie».