Libia, Chatham House: «Stallo dinamico»

di Enrico Casale
Libia

In Libia sarà difficile che una delle due parti in conflitto possa prevalere sull’altra. Il rischio quindi è che il conflitto si riduca a uno «stallo dinamico». A sostenerlo sono i ricercatori di Chatham House, uno dei più accreditati think tank a livello mondiale. Da questo stallo, iniziato subito dopo che il 4 aprile scorso le forze del generale Khalifa Haftar lanciarono il loro attacco contro quelle del presidente Fayez al-Sarraj, si può uscire con un ritorno ai «parametri di Abu Dhabi». Il riferimento è all’incontro del 27 febbraio tra Haftar e al-Sarraj nella capitale degli Emirati Arabi Uniti: ci fu un accordo che poi però il premier non sarebbe stato in grado di imporre al proprio schieramento.

L’analisi di Chatham House, rilanciata dal sito italiano www.ansamed.info, prosegue attribuendo la responsabilità degli scontri ad Haftar, che sarebbe stato condotto a credere che l’accordo non sarebbe stato attuato «come gli era stato promesso, spingendolo ad attaccare Tripoli».

L’intesa di Abu Dhabi, che nei resoconti della prima ora sarebbe stata incentrata sullo svolgimento di elezioni, secondo le indiscrezioni accreditate dal think tank prevedeva che ad Haftar fosse «effettivamente garantito il controllo delle forze armate» e «la capacità di influenzare la selezione di uno snellito Consiglio presidenziale».

Dopo il lancio dell’offensiva «sono emerse voci che al-Sarraj era bloccato o incapace di far attuare l’accordo», scrivono gli autori Emadeddin Badi e Tim Eaton senza precisare chi avrebbe rifiutato l’intesa. In altre analisi sono state ipotizzate resistenze fra le milizie di Misurata e i Fratelli musulmani, forti a Tripoli ma nemici di Haftar e dei suoi sponsor politico-militari Egitto ed Emirati.

Lo stallo nell’avanzata di Haftar viene spiegato dal Chatham House, oltre che con la mobilitazione di «alcune forze dalle città di Misurata e Zintan», anche con il «fallimento» del generale nel convincere un numero sufficiente di milizie a cambiare schieramento ripetendo uno schema di «accordi» che gli ha consentito di conquistare la Mezzaluna petrolifera sul Golfo della Sirte e il Sud della Libia.

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