In Libia il coronavirus ha fatto una vittima eccellente. Nel fine settimana è morto l’ex primo ministro, Mahmoud Jebril. Il 67enne uomo politico ha contratto il virus in Egitto alla fine di marzo ed è mancato in un ospedale al Cairo. Il governo di Tripoli, guidato da Fayez al-Sarraj, ha espresso le sue condoglianze in una dichiarazione nella quale Jebril viene descritto come «una figura di livello nazionale».
Jebril è assurto agli onori delle cronache come capo del Consiglio nazionale di transizione durante i mesi di guerra civile nel 2011 che hanno portato alla caduta del rais Muammar Gheddafi.
Reputato un astuto tecnocrate da coloro che lo conoscevano e lavoravano con lui, è stato il primo ministro di transizione. In carica per soli sette mesi, ha in seguito formato un partito politico chiamato Alleanza delle forze nazionali. I suoi sostenitori consideravano Jebril come una potenziale leader in grado di guidare la modernizzazione del Paese nordafricano ancora devastato dalla guerra.
La sua carriera è però stata bloccata dalla legge elettorale che vietava ai funzionari che avevano prestato servizio durante il periodo di transizione di prendere parte alle prime elezioni parlamentari del Paese nel 2012 (ma il suo partito riuscì a ottenere la maggioranza dei seggi in parlamento).
Mentre il conflitto civile si è diffuso nel corso degli anni e la rivalità politica tra le milizie si è acuita, Jebril ha lasciato la Libia per recarsi in Egitto e negli Emirati Arabi Uniti. Ha mantenuto stretti legami con i capi missione dell’Onu e altre figure diplomatiche e ha preso parte ad alcuni colloqui di pace promossi dalla comunità internazionale.