Il primo ministro libico Abdul Hamid Dbeibah ha dichiarato che la legge elettorale approvata dal parlamento è viziata e scritta per favorire candidati specifici, affermando che avrebbe annunciato se si candiderà alla presidenza “al momento giusto”.
Gli alleati di Dbeibah hanno detto a Reuters una settimana fa che si sarebbe candidato, nonostante avesse promesso, quando è stato insediato come primo ministro del governo di unità provvisoria, che non avrebbe preso parte alle prossime elezioni. Dbeibah ha dichiarato durante una manifestazione a Tripoli che “non possiamo essere soddisfatti di questa legge imperfetta”. Dbeibah ha aggiunto “al momento giusto” annuncerà la sua posizione in queste elezioni.
Saif Al-Islam Gheddafi, figlio dell’ex dittatore Muammar Gheddafi, ha annunciato domenica la sua candidatura, mentre oggi è stata la volta del comandante orientale Khalifa Haftar. Anche il presidente del parlamento Aguila Saleh ha fatto sapere che si candiderà nei prossimi giorni.
Le due fazioni rivali della Libia non hanno però ancora concordato le regole per le elezioni a meno di sei settimane prima della data di voto del 24 dicembre fissata attraverso una tabella di marcia per la pace sostenuta dalle Nazioni Unite lo scorso anno. La tabella di marcia chiedeva alle entità politiche della Libia di concordare una base costituzionale per il voto e di tenere le elezioni parlamentari e presidenziali nella stessa data.
Tuttavia, non c’è stato un accordo sulla costituzione e l’unica legge elettorale che è stata emanata – dal presidente del parlamento in circostanze controverse – ha fissato il 24 dicembre come data di voto solo per un primo turno delle elezioni presidenziali. Il secondo turno del voto presidenziale e le elezioni parlamentari seguiranno a gennaio o febbraio, secondo quella legge, che ha anche previsto che i funzionari che vogliono candidarsi lascino il loro ruolo tre mesi prima del giorno delle elezioni. Una circostanza che escluderebbe una discesa in campo di Dbeibah, mentre ammetterebbe quella di Haftar. L’Alto Consiglio di Stato con sede a Tripoli ha respinto la legge.