Libia | Di Maio: «Fermatevi!»

di Enrico Casale
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Continua lo sforzo diplomatico italiano per portare stabilità in Libia. Anche se pare, al momento, non aver sortito effetto.
Ieri, 13 febbraio, Luigi di Maio ha incontrato a Bengasi il generale Khalifa Haftar. Chiara la posizione dell’esecutivo di Roma. «In Libia c’è un popolo che vuole delle risposte – ha detto Di Maio -. La risposta non può essere però in alcun modo militare. Non possono essere le armi o i bombardamenti. La strada da seguire deve essere inevitabilmente quella del dialogo e della diplomazia. Non esitai a dire all’inizio del mio mandato alla Farnesina che era stato perso del terreno in Libia, oggi però è altrettanto doveroso dire che qualcosa è stato recuperato. Siamo tornati ad avere un peso determinante in Ue e un’indubbia affidabilità con tutti gli attori coinvolti, questo grazie anche al lavoro dei nostri tecnici, del corpo diplomatico e dei nostri apparati di intelligence».  «Il percorso, sia chiaro, resta complesso, quindi niente trionfalismi o slogan di alcun genere. Al contrario – aggiunge – bisogna continuare a lavorare con costanza, lavorare per la pace e, allo stesso modo, per difendere i nostri asset geostrategici».

Le parole del ministro sembrano essere cadute nel vuoto. Nonostante l’adozione, mercoledì 12 febbraio, di una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu che chiedeva alle parti in guerra in Libia l’impegno per «un cessate il fuoco duraturo», ieri si sono registrati nuovi combattimenti a sud di Tripoli tra le truppe del Governo di accordo nazionale (Gna) e quelle del maresciallo Khalifa Haftar. Non è stato reso pubblico il numero delle eventuali vittime e dei feriti. Khalifa Haftar sta conducendo un’offensiva che prevede, da un lato, l’assalto alla capitale e, dall’altro, la presa di Misurata, città alleata del premier rivale Fayez al-Sarraj. Khalifa Haftar conta sul sostegno finanziario e sulle armi inviate da Arabia Saudita ed Emirati arabi e sull’appoggio diplomatico di Russia, Francia ed Egitto. Al-Sarraj, a sua volta, gode dell’appoggio della Turchia che sta inviando armamenti e uomini per puntellare il governo di Tripoli.

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